Ex Otago - Marassi

Ex Otago - Marassi

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Ci sono momenti della vita in cui le domande vengono coperte dal brusio, dal frastuono generale della quotidianità, dei progetti da portare avanti e non si ha il tempo nemmeno per fermarsi, figuriamoci per ascoltarsi.

Ci sono altri periodi, invece, in cui l’urgenza di capirsi, di chiedersi chi siamo e dove andare si fa più pressante. Non è un caso che la parola “affermarsi” contenga quel “fermarsi” così necessario al riconoscimento di sé, a riprendere fiato per guardare indietro quel noi bambino che correva tra le strade della città natale e le stanze della casa dei genitori. Per chi come me ha sempre vissuto un’interminabile vita da fuori sede, lontana dalle proprie radici ma con le mani nel terriccio di un nuovo luogo da chiamare casa, spesso il momento delle domande coincide con la fine di un percorso di studi, la recissione di un contratto lavorativo, con quel buio che stringe la gola e che non riesce a farti gridare altro se non “E adesso?”.
Storie di vita fuori sede, fuori fase, fuori tempo perché un tempo bisogna costruirselo e le lancette tocca farle uscire dal limbo e settarle alla velocità degli altri.
Storie di lunghi viaggi in macchina verso le origini come lunghi sono i chilometri percorsi dagli Ex Otago, partiti dall’indie folk e in rotta verso l’incipit, il quartiere Marassi di Genova, carichi di consapevolezze, di esperienze, di sudore. Un inizio che sa di rivalsa talmente importante da chiamare Marassi un album intero.

In uscita il 21 ottobre per Garrincha Dischi in coproduzione con INRI (ma finanziato dai fans attraverso crowdfounding), il nuovo lavoro del gruppo ligure è un buco spazio temporale, una Delorean in viaggio verso i tuoi 10 anni con l’autoradio sintonizzata su sequencer, banjo, drum machine e chitarra acustica, musica elettronica e pop folk. Futuro e passato. È uno sguardo fuori dal finestrino con la testa che ripercorre le sedi, i tempi, le fasi di vita nelle città di fuori per riportarle dentro in un loop di domande che combacia con il loop di chitarra in “Gli occhi della luna”.
Marty, siamo arrivati nel 1994” sembra dirti il Doc alzando la porta futuristica della Delorean. Scendi e ti ritrovi catapultata a battere le mani nel parco in cui cantavi filastrocche e giocavi a fare l’indiano con tanto di penne e segni rossi sul viso (Sognavo di fare l’indiano), a percorrere le vie guardando le vetrine del bar pieno di dolciumi sulle quali appoggiavi il naso sognante, quel bar ora pieno di anziani sfiduciati, abili giocatori di canasta e predicatori di lamentele verso le giovani generazioni che “non valgono un cazzo”. Quante volte avete sentito pronunciare questa frase? (I giovani d’oggi). “Tu non sei niente, non hai ambizioni, non hai prospettive, erano meglio i miei tempi quando la gente si rimboccava le maniche e il sudore veniva ripagato”. E ti viene da piangere, da graffiarti la pelle e da urlare che sì, lavoriamo duro anche noi e forse il doppio perché costretti a pagare gli errori di chi ci ha preceduto tra i partiti in fumo e la Salerno - Reggio Calabria. Ti viene da rispondere agli anziani e alla vita che siamo cinghiali incazzati con il diritto di sbagliare per avere un progetto solido (Cinghiali incazzati). Le caramelle lasciano il posto al fiele, il naso bloccato sul vetro diventa una scossa, il pugno al cielo che inneggia alla rivoluzione.

Poi il clic, quel “aspetto, ma cosa aspetto?” che di colpo ti cambia la prospettiva del viaggio, l’invettiva si fa calma come una spiaggia d’inverno, come il rumore delle onde del mare nelle quali cerchi di riscoprirti. Perché, tanto, si fa prima a trovare la felicità che una reazione dai sordi da bar. Perché l’attesa fa crollare i ponti e l’unico dal quale puoi aspettarti qualcosa “sei proprio tu, la persona che ti ha fatto piangere di più”. Sei tu il tuo buon amico, nella tua unica pelle fatta di graffi e buio dei dubbi (La nostra pelle).

Con Marassi, gli Ex Otago escono dalle strade sterrate di campagna per deviare verso l’autostrada dell’indie elettronico, così trafficata da diventare mainstream (basti pensare ai fenomeni Lo stato sociale e I Cani, per intenderci). Di motivetti catchy e radiofonici, di sequencer e drum machine ne è pieno il disco grazie anche alla produzione di quel Matteo Cantaluppi che ha contribuito al sound dei The Giornalisti e Bugo, così evidenti in Marassi. La strizzata d’occhio agli anni ’90, tutti occhaiali a specchio e pantaloni a vita alta, è così intensa che a un certo punto ti chiedi se in air play ci sia un album di Luca Carboni o un disco del 2016.

Ma se vi state domandando che fine abbiano fatto gli Ex Otago di “In capo al mondo” e “Mezze stagioni”, non disperate. Il buon caro vecchio banjo e la cara chitarra acustica aleggiano sempre come monito a ricordare le origini in pezzi come “Stai tranquillo” e “Sognavo di fare l’indiano”. Chè la polvere dalla carrozzeria della Delorean dopo anni sulle strade sterrate non è che si levi dopo 10 km d’autostrada.

Certo, Marassi non sarà quella ventata di novità nel panorama musicale italiano, il roster di Garrincha è colmo di artisti indie ma dalle ampie vedute. Ma rimane comunque un buon compromesso tra passato e futuro, tra anni ’90 e 2016, tra domanda e scossa.
Un riflesso nell’acqua natia di Genova di un bambino di 10 anni con il volto da uomo.

Le canzoni da ascoltare: Cinghiali incazzati, Stai Tranquillo, Ci vuole molto coraggio.

Se ti piacciono gli Ex Otago, ascolta anche: The Giornalisti, I Cani, Lo Stato Sociale, Nicolò Carnesi

Artista: Ex Otago
Album: Marassi
Etichetta discografica: Garrincha Dischi, INRI
Tracce: 10
Genere: electro pop, indie pop/folk
Produttore: Matteo Cantaluppi

© Isabella Di Bartolomeo

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