Due chiacchiere con Luca Giommoni

Due chiacchiere con Luca Giommoni

Intervista a Luca Giommoni
di Chiara Bianchi 

Ciao Luca, come stai?
Partiamo subito con le domande difficili, eh?

Ci siamo incontrati a Berlino in occasione della presentazione del tuo romanzo Il rosso e il blu. Una comune favola di migrazione. Edito da effequ nel 2020. Immagino che, a seguito dei vari lockdown, sia stato bello poter tornare a presentare il tuo libro in giro per l’Italia e addirittura a Berlino! 
Ciao Chiara e a tutta la redazione di CrunchEd, grazie di cuore per questa intervista. Sì, poter tornare a presentare il libro di persona è stata una liberazione. Non ne potevo più di vedere la mia faccia sfuocata, o gialla, sullo schermo del pc. Durante le dirette streaming tutti mi sembravano più belli e più precisi di me, cosa che dal vivo posso aggiustare con la fantasia, poi finalmente adesso posso abbracciare vecchi amici e conoscerne di nuovi, e subito dopo abbracciarli, che è una cosa non da poco.

Per usare un’espressione tecnica, presentare Il rosso e il blu a Berlino è stata una vera figata. E tutto è stato anche più bello perché ho avuto il piacere e il divertimento di condividere l’esperienza con Silvia e Francesco, aka effequ. Per tre giorni mi è sembrato di essere in gita alle superiori.

La prima domanda che vorrei farti è relativa al titolo. Perché il rosso e il blu e quale è il senso del sottotitolo?
Makamba, il protagonista, parte dal Mali al solo scopo di continuare la sua missione: aggiustare il mondo equilibrando ogni pomello rosso e blu dei lavandini di ogni paese per avere a un preciso giro di manopole, uguale per tutti, l’acqua tiepida. Da qui il titolo.

Il sottotitolo abbraccia la coralità di storie presenti ne Il rosso e il blu. Storie comuni perché le migrazioni appartengono all’umanità tutta, senza nessun tipo di distinzione, senza spazio né tempo. Favole perché ogni migrazione è una vera e propria favola, con una sua morale, con la sua ricerca di un lieto fine ultimo, con i suoi incontri e i suoi paesaggi. Tutte le migrazioni nascono e inseguono un soffio di vita, proprio come le favole.

A proposito di genere favolistico. Il primo riferimento a personaggi umani indimenticabili nella favolistica contemporanea è sicuramente Rodari. Per lui, creare personaggi indimenticabili a cui affidare storie dai risvolti semplici e con il fine ultimo dell’insegnamento, della morale, era il compito che affidava al genere favolistico. Qual è invece la scelta che ti ha guidato in questa direzione?
Intanto grazie per aver nominato Rodari: lui e altri maestri come Calvino, Buzzati, Munari, mi sono stati di grande aiuto in certi passaggi de Il rosso e il blu.

Ho scelto il genere della favola, mischiandola anche con un po’ di fantascienza, prima di tutto per offrire un linguaggio differente sull’argomento a quello troppo retorico e ovvio di una certa sinistra e a quello troppo stereotipato e carico d’odio di una certa destra.

Il rosso e il blu racconta storie semplici in modo semplice, al di là delle nomenclature imposte dalla società: non ci sono i “poveri migranti da salvare” né gli “eroi bianchi che prendono in mano la situazione”, ma solo storie di persone, tutte estremamente umane, tutte impegnate a cercare un’alternativa più umana alla loro contemporaneità, creandosi dei lieto fine dove il lieto fine non c’è.

La favola mi ha permesso anche di aggiungere, soprattutto nelle folli imprese dei personaggi, una forte componente surreale, che, da una parte, mi è servita per edulcorare il dolore di certe esperienze narrate e, dall’altra, per evidenziare come la realtà, molte volte, sia più assurda della più sconclusionata fantasia.

La storia che racconti è ambientata in un CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria), uno di quelli funzionali e ben gestiti. All’interno opera un personaggio, Valerio, insegnante di italiano per stranieri. So che hai avuto questa stessa esperienza nella tua vita. Ti va di raccontarci come è stata? Quali sono i punti critici e cosa potremmo migliorare, in Italia, per facilitare la comprensione della lingua italiana, primo passo per un migrante verso la propria indipendenza quotidiana?
Una volta, uno dei miei responsabili mi ha detto: «Ci pensi che se non avessimo fatto questo lavoro, non avremmo mai conosciuto tutte queste persone? Se ci pensi, siamo stati proprio fortunati». Ecco, nonostante fosse un lavoro che portava con sé tante frustrazioni, diverse sensazioni di inadeguatezza, esigui stipendi, troppe giornate sbagliate e poche, anche se grandi, soddisfazioni, io mi ritengo fortunato ad aver fatto un lavoro del genere. È stato uno dei pochi lavori che mi ha permesso di incontrare degli esseri umani che veramente si meritano questo appellativo.

Riguardo alla domanda su cosa potremmo migliorare per facilitare l’insegnamento della lingua italiana, non sono sicuro di essere la persona giusta per rispondere. Sicuramente, un primo passo sarebbe quello di non far governare persone convinte che la lingua italiana non è un servizio necessario per una buona integrazione, o non lasciare che amministrazioni chiudano strutture che offrono a persone straniere servizi per l’inclusione e la coesione sociale, come successo ad Arezzo, quando la giunta comunale di destra festeggiò, anche con vari video pubblicati sui social, ormai cinque anni fa, la chiusura della Casa delle Culture, un luogo che non faceva del male a nessuno, solo bene, un luogo di confronto e scambio sociale e culturale, un luogo che adesso è solo un immobile vuoto.

Strutture come la Casa delle Culture dovrebbero essere aperte in tutto il territorio, dovremmo vederle sbocciare in ogni piccolo paese o grande città, ed essere affidate ad associazioni virtuose che ne facciano un simbolo di inclusione e solidarietà.

La scelta narrativa, di questa favola corale, offre un nuovo tipo di narrazione sul tema dell’immigrazione. Credi che la letteratura abbia il potere di avvicinare il lettore a tematiche tanto importanti quanto forti? Tra l’altro so che il tuo romanzo ha iniziato a circolare in alcune scuole, che impatto pensi possa avere nelle menti dei giovanissimi?
La letteratura per me ha gli stessi super poteri delle parentesi in un’espressione matematica. Le parentesi semplificano la lettura delle operazioni da calcolare e allo stesso tempo stravolgono il normale ordine delle operazioni. Così la letteratura: da una parte ti aiuta a comprendere l’abituale ordine delle cose, dall’altra te lo stravolge, dando priorità a utopie, a prospettive nuove e insolite e a mondi possibili da desiderare e costruire.

A me i libri danno tranquillità, fanno compagnia e molto spesso sono maestri, amici e amori che non ho mai incontrato di persona ma che non si sono mai fatti problemi a correggermi, a mostrarmi soluzioni e ad avvicinarmi a realtà sconosciute. E se a una persona capita una fortuna del genere, allora può capitare anche a tutte le altre.

Onestamente non so che impatto possa avere il mio romanzo nella testa dei giovanissimi. Mi farebbe piacere se passasse il messaggio di un’umanità differente, un’umanità possibile, priva di classificazioni, meno individualista, meno arrabbiata, meno spaventata, dove l’immaginazione, la solidarietà, l’attenzione alle piccolezze possano essere punti di forza e non di debolezza. 

Al di là del mio libro, sarebbe già bellissimo se i giovanissimi si comportassero meglio del meglio fatto dai giovani.  

Ognuno dei personaggi che entra nel centro Arcobaleno è di passaggio. Ad un certo punto, ognuno prenderà la propria strada. Parliamo di chi resta, gli operatori. Essi fanno i conti con la fluidità della vita, il nostro essere di passaggio, nel qui e nell’ora, quali sono le speranze e le frustrazioni che attraversano i pensieri degli operatori?
Personalmente, le frustrazioni possono essere molteplici, tra cui: conquistare la fiducia di persone con vissuti lontanissimi dai tuoi e la cui fiducia è stata tradita più volte. Cercare di non farsi coinvolgere emotivamente. Ritrovarsi a essere un punto di riferimento e rendersi conto di essere impotenti. Non saper mai quale risposte dare a domande come “Sono stato d’aiuto?”, “Potevo fare di più?”. Giustificare il proprio lavoro con amici, parenti o sconosciuti, cercando di far capire che non stai rubando denaro né allo Stato né alla Comunità Europea, che quelle persone non sono delinquenti o risorse, sono semplicemente persone, che stai soltanto provando a fare la tua parte per una comunità migliore, che la vera accoglienza insegna come una società non dovrebbe mai lasciare solo un essere umano. Abbracciare persone con cui hai trascorso momenti bellissimi e tristissimi con la consapevolezza che dietro quell’abbraccio molto spesso si nasconde un addio. Visualizzare davanti a sé tante umanità differenti, tante tristezze differenti, tutte troppo vicine, tutte troppo lontane, e accorgersi che intanto il mondo continua per i fatti suoi, ignaro e indifferente.

Sempre personalmente, la speranza è una sola: che tutte quelle persone, prima o poi, trovino pace.

Nel romanzo racconti di vite spezzate e allontanate dalla loro realtà, dai luoghi di nascita. Come pesci fuor d’acqua (metafora calzante, direi) cercano di sopravvivere al sopruso, alla violenza, al rifiuto inventandosi un personale modo di uscire dal trauma. Ti chiedo se esorcizzare la violenza sia un processo necessario. 
Per me è stato necessario. Non volevo mettere la violenza in primo piano, ma il modo in cui ogni personaggio reagisce di fronte alla violenza: senza lasciarsene viziare, senza diventare a sua volta brutale, ma rispondendo semplicemente con dosi di ottimismo, solidarietà umana e una sorta di candida furbizia. Benedict, per esempio, preferisce pensare che il campo di detenzione libico sia solo una gigantesca astronave nello spazio e che le guardie siano alieni camuffati da umani piuttosto che ammettere la possibilità di una tale disumanità. Fagadan vuole correggere le ingiustizie con una gomma per cancellare e riscriverci sopra cieli stellati o carezze di sua nonna. Billy Idol prova a diventare un supereroe nella speranza che gli venga riconosciuta la cittadinanza. Ognuno è vittima dell’assurdità della vita per come è, ma ognuno, bonariamente, a suo modo, la accoglie nella sua insensatezza, cercando solo di darle un significato più umano.

Torna spesso il tormento burocratico percepito allo stesso modo da entrambe le parti, da operatori e assistiti. Possibilità di vita rallentate, a volte addirittura negate, a causa delle carte da compilare. Quanto influisce questo ostacolo alla libertà individuale di queste persone?
Se c’è un’antagonista ne Il rosso e il blu, è sicuramente la burocrazia. E se c’è un’antagonista nel sistema di accoglienza in Italia, è ancora la burocrazia.

Già prima dell’arrivo del governo giallo-verde una burocrazia troppo rigida frenava l’inclusione nel tessuto sociale e produttivo italiano di tante persone, che, dopo aver abbandonato il proprio paese, le proprie famiglie, i propri amici, dopo essere sopravvissute al mare, ai campi detentivi libici, ad abusi fisici e psicologici, al filo spinato sparso un po’ dappertutto, si ritrovavano intrappolate in un sistema d’accoglienza che non sempre si ricordava cosa significa “accogliere”. Esistenze in stallo, vite costrette ai puntini di sospensione per norme che impedivano di lavorare per i primi sei mesi dall’arrivo, per ritardi lunghi anni nelle convocazioni alle commissioni territoriali, per permessi di soggiorno provvisori che arrivavano già scaduti o con i nominativi sbagliati, e ogni intoppo in un ufficio ne provocava un altro in un altro ufficio, e così via. Sembrava che il messaggio implicito fosse: “Ok, vi abbiamo dato ospitalità, ma ora rimanetevene immobili, senza far troppo rumore, in un centro in un qualche paesino di provincia, senza farvi vedere, senza far nulla”.  Poi con l’arrivo dei vari decreti sicurezza la burocrazia ha assunto pure tinte xenofobe, rendendo non solo certe norme delle vere e proprie leggi discriminatorie e ancor più ostative, ma anche arrivando a colpevolizzare e ostacolare il lavoro dei tanti operatori dell’accoglienza, dichiarando guerra, senza vergogna e con tanto orgoglio, alla solidarietà. 

I tuoi personaggi sono tutti straordinari nella loro semplicità. Conservano negli occhi il dolore e la sofferenza del passato, ma ciò che ho trovato meraviglioso è che hai dato loro il respiro del futuro, della possibilità. Tra tutti, ho amato molto Vasco, il quale ragiona con profondità. Ad esempio, dice che razza è una parola sbagliata: buona per i tacchini, ma non per gli uomini. Moltissime parole sono cadute tra le grinfie della strumentalizzazione, politica soprattutto, cosa direbbe Vasco a proposito di ciò?
Sono molto contento che tu abbia amato Vasco, anche io gli voglio molto bene. Vasco è un personaggio già apparso in un mio racconto, Il figlio dell’uomo, di recente pubblicato su Spazinclusi, e in futuro mi piacerebbe farlo apparire anche in altre storie.

Ne Il rosso e il blu è uno dei personaggi più di passaggio, ma per quel poco che si vede non si fa problemi a dispensare, nella sua semplicità, una sorta di antica saggezza popolare e l’ingegnosità tipica di chi sopravvive giorno dopo giorno.

Vasco, senza preoccuparsi di rispondere veramente alla domanda, direbbe soltanto: «Accogliere non è una questione di ideologie ma di umanità».

A proposito di futuro. Stai già lavorando al tuo prossimo romanzo? Qualche anticipazione sul tema?
Ho in testa una storia già da un po’ di tempo, ma ancora non ho buttato giù niente. Però sento di essere vicino al momento in cui mi dico “Ok, fatti un Bloody Mary, fumati qualche sigaretta e poi provaci, dai”. Vorrei parlare di generazioni dimenticate e dimenticabili, disoccupazione, futuri da creare e da tradire, mondo del lavoro, UFO, complotti vari e viaggi nel tempo. Una roba così.

Prima di salutarci, un’ultima preziosa domanda, (che io so avresti voluto ti ponessero durante le tue presentazioni). Qual è il tuo gusto di gelato preferito? 
Grazie Chiara, è da tanto che aspetto questa domanda. La combo limone e fragola, fin da bambino. Quando trovo anche l’arancia è un giorno fortunato.

Grazie a te, Luca. 

 



Il rosso e il blu
Una comune favola di migrazione
Di Luca Giommoni
Collana: Rondini
ISBN: 9788898837977
pagine: 256

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