Alessandro Dobici | Intervista

Alessandro Dobici | Intervista

Dal 1 giugno al 1 luglio 2018 lo Spazio Gallerie del Chiostro del Bramante ospita la personale antologica di Alessandro Dobici, considerato tra i migliori ritrattisti italiani.

Alessandro Dobici – Vent’anni di fotografia” è stata esposta a giugno 2017 a L’Avana presso l’Istituto Cubano de Amistad con los Pueblos (ICAP). Per la prima volta una Istituzione cubana ha invitato un artista italiano ad esporre.


Immagini in bianco e nero che offrono una panoramica del lavoro di Dobici attraverso i luoghi, i volti di gente comune e famosi personaggi della cultura, dello spettacolo e dello sport, dalla metà degli anni Novanta ai nostri giorni.

In mostra alcuni ritratti realizzati dall’artista nel corso delle sua carriera, ad esempio: Claudio Baglioni, Daniele Liotti, Roberto Benigni, Bernardo Bertolucci, Sabrina Ferilli, Alessandro Gassman, Giancarlo Giannini, Roberto D'Agostino, Valeria Golino, Bigas Luna, Olivier Martinez, Virna Lisi, Francesco Totti e molti altri.

Un altro tema caro ad Alessandro Dobici è il paesaggio, vedute a perdita d’occhio di dolci colline e morbide vallate che egli restituisce in tutta la loro naturale armonia.
Una sezione particolare è dedicata alle recenti immagini che Dobici ha ripreso nell’isola di Cuba in magici b/n che restituiscono tutta la semplice bellezza delle genti e dell’ambiente.

Seguiamo Alessandro da “qualche” anno, era d’obbligo fermarlo per fargli qualche domanda.

Ciao Alessandro e benvenuto in CrunchEd.
Rispetto ai tuoi colleghi artisti ti contraddistingui anche per il tuo non voler apparire a tutti i costi, lo dimostra il fatto che la tua prima mostra l'hai inaugurata a Cuba, dopo vent'anni di fotografie.
Cosa è cambiato che ti ha portato ad esporre i tuoi lavori?
Diverse persone pensavano fosse un peccato che delle immagini che evidentemente a loro piacevano non fossero visibili e godibili da tutti.
Tra queste Annamaria De Paola che pensava addirittura che non fosse giusto tenerle solo per sè.
Lentamente ho iniziato  a chiedermi: e se avessero ragione?
Durante le due esposizioni, sia a Cuba che a Roma, osservando i volti di alcuni visitatori ho capito e lo dico con imbarazzo che un pò di ragione l’avevano.


C’è una foto presente nella tua esposizione a cui sei particolarmente legato? Per la sua storia o per dei ricordi che ti sono cari?
Sì c’è una foto che ritrae la silhouette di Claudio Baglioni scattata nel 1998.
Prima di questo scatto pensavo ci fossero foto corrette e foto sbagliate, è stata la prima volta che ho capito che in fondo le foto sbagliate non esistono.
Esistono solo foto che ci restituiscono qualcosa, altre semplicemente no.


Le tue foto non hanno bisogno di colore, il tuo bianco e nero in un certo senso è talmente ricco da lasciar immaginare i colori di quello che vedi. Quando fotografi vedi già in bianco e nero o è qualcosa che viene dopo, a scatto avvenuto?
Mi hanno scritto pochi giorni fa che il bianco nero consente a chi guarda di immaginare autonomamente il colore che si nasconde tra i grigi delle mie foto, mi è piaciuto molto.
Personalmente penso, pur apprezzando nella vita i colori, che nelle mie foto la presenza del colore, all’interno delle situazioni che mi portano a scattare, rappresenti solo una inutile distrazione.

I tuoi ritratti sono molto delicati ma allo stesso tempo riescono a far trasparire l’anima di chi fotografi. Qual è il segreto per riuscire a racchiudere l’essenza di una persona?
Forse lo definirei desiderio, più che segreto.
Quello che desidero è la ricerca del lato autentico delle persone. È così prezioso e sempre più coperto da tonnellate di impalcature che se riesci a tirarlo fuori dalle persone e fotografandolo mostrarlo a tutti, lo hai goduto e puoi farlo vedere a tutti.
Tutto questo è molto emozionante.


Qual è stato il tuo punto di partenza, cosa ti ha fatto dire: voglio fare il fotografo?
Una macchina fotografica ricevuta in regalo dai miei fratelli e la scoperta che guardando lì dentro potevo entrare in un mondo tutto mio.

E quale è stato il primo fotografo che hai ammirato, con cui ti sei confrontato, il tuo punto di riferimento? E quale è oggi, vent’anni dopo?
In realtà agli inizi non guardavo molto altre fotografie, non pensavo neanche che sarebbe diventato il mio lavoro.
Poi ho avuto un maestro, Giovanni Cozzi, e dopo qualche anno ho iniziato a guardarmi intorno e ad essere attratto da tutti coloro che riescono a farmi emozionare.


Cosa pensi delle fotografie di oggi? Dei social come instagram e di questa mania che è esplosa negli ultimi anni di fotografare tutto ad ogni costo?
Credi che si riesca ancora a fare distinzione fra professione e amatorialità?
È un fenomeno difficile da spiegare perché difficile da comprendere.
Quello che ho capito è che le persone in fondo scattando milioni di immagini da mostrare perdono milioni di attimi di vita da vivere. La mia  personale esperienza mi fa dire che quando scatti una fotografia una parte di te non gode pienamente di quello che sta vivendo.
Capirne la motivazione è complicato non saprei se lo si fa per vanità, per ricerca disperata di approvazione o semplicemente per omologazione con le regole di questo momento storico. Di fatto ci si costruisce una vita parallela a volte troppo distante dalla reale.


Riesci ancora a stupirti delle tue foto o è qualcosa che è rimasto legato al passato, a quando si aspettava per sviluppare i rullini?
Sì per fortuna.
Il digitale ha cancellato quella fase del lavoro fatta di ansie, aspettative, speranze e viaggi mentali a chiedersi durante la notte: “avrò indovinato la giusta esposizione? il laboratorio farà bene il suo lavoro?”. Quello sicuramente contribuiva allo stupore. Per fortuna, nonostante tutto, ogni tanto ancora accade.

Ringraziamo Alessandro e vi ricordiamo che c’è tempo fino a fine mese per andare ad ammirare le sue opere allo Spazio Gallerie del Chiostro del Bramante.

www.alessandrodobici.com

 

 

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