Davanti a un titolo così è difficile resistere. Con solo quattro parole ti si apre un mondo di fantasie, congetture, ipotesi. In sostanza, il lettore (così è per me) ancora prima di leggere il romanzo si è già sfogliato le pagine di quello suo, immaginario.
di Paolo Perlini
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«Spensi il motore, scesi dalla macchina e mi tolsi gli occhiali scuri. Tutto era esattamente come l’aveva raccontato Zgut. Un albergo di due piani, di un giallo-verde, con un’insegna lugubre che spiccava sopra l’entrata: DALL’ALPINISTA MORTO».
È l’ispettore Peter Glebski che parla. È venuto lì per prendersi un paio di settimane di pausa, oziare e sciare in santa pace, lontano dai colleghi e dalla famiglia. Lo accoglie Alek Snevar, il proprietario, «un poeta, un filosofo e un meccanico», costruttore di motori a moto perpetuo.
L’ispettore Glebski ha poco tempo per godere delle vacanze, riesce giusto a fare una sciata intorno all’albergo. Ben presto si ritrova coinvolto in personaggi e fatti strani, a cominciare dal presunto fantasma dell’alpinista che lascia tracce di sé nelle stanze e corridoi dell’albergo. E poi uno scienziato capace di arrampicarsi sui muri come un ragno, un illusionista, i ricchi coniugi Moses, l’ingenua domestica Kaisa, «cicciotella, sciocca e facile al riso», un cane San Bernardo al quale sembra mancare solo l’uso della parola, e altri che vengono a sconvolgere la quiete di questo albergo.
Come se non bastasse, una valanga di neve blocca il passo della montagna e nello stesso tempo si verifica un omicidio. L’ispettore Glebski, anche se nella sua professione si occupa di tutt’altro, è costretto a indagare.
Si ha l’impressione che tutti, a cominciare dal proprietario, sappiano chi sia l’assassino e anche le motivazioni. L’unico che si ostina a ragionare in modo razionale è l’ispettore.
Da leggere d’estate, quando la calura è così insopportabile che solo a sentire parlare di neve o di gente che si congela sul terrazzo dell’albergo, vi porta refrigerio.
Oppure da leggere d’inverno, per entrare subito in sintonia:
«Eravamo seduti nella sala del camino. Il carbone mandava un forte calore, le poltrone erano molto vecchie, robuste, affidabili. Il Porto era bollente, con l’aggiunta di limone e aromatizzato. La penombra era confortevole, con sfumature rossastre, ci si sentiva veramente a casa. Fuori infuriava una tempesta di neve, il vento fischiava nella canna fumaria...».
Come si può definire questo romanzo? Un giallo che mette in discussione le regole del giallo stesso? Fantascienza dipinta di giallo?
La definizione sta nelle parole del proprietario dell’albergo, Snevar:
«Non le è mai capitato, signor Glebski, di notare quanto l’ignoto si riveli molto più interessante del conosciuto? L’ignoto infiamma il nostro pensiero, costringe il sangue a scorrere veloce nelle vene, crea delle stupefacenti fantasie, promette, alletta. L’ignoto è simile a un fuoco che brilla nella notte scura e abissale. Ma ecco che appena diventa conosciuto, si tinge di mediocrità e di grigiore, per poi confondersi totalmente con la banalità quotidiana».
E quindi abbandoniamoci alla lettura di L'albergo dell'alpinista morto, un romanzo fuori dal comune, ad alto tasso alcolico, a tratti grottesco e surreale, scaturito dalla fantasia dei fratelli Arkadij e Boris Strugackij.
Da questo romanzo nel 1979 è stato tratto un film, "Hukkunud Alpinisti” hotell, un film che sembra essere un cult movie in Estonia. In Italia non è mai uscito ma dovrebbe esserci una versione con sottotitoli in italiano, ed è quella che andrò a cercare. Dal film è stato tratto anni dopo un omonimo videogioco distribuito in Russia e Germania.
Titolo: L'albergo dell'alpinista morto
Autore: Arkadij e Boris Strugackij
Collana: Cielo stellato
Traduzione: Daniela Liberti
Pagine: 248
Uscita: 5 maggio 2022
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