Tutti i colori di Sophie | Racconti Indigeribili

Tutti i colori di Sophie | Racconti Indigeribili

Scritto da Adele Bloch-Bauer
Illustrato da Chiara Ferrante


Tutti i colori di Sophie

Sophie ha dodici anni. Per il suo compleanno, i genitori le hanno regalato una scatola di colori a tempera. Le piace dipingere. A Berlino è solita nascondersi tra gli alberi del parco a colorare il mondo, il suo mondo.
Il quartiere in cui vive è popolare. Non un palazzo è uguale all’altro. Quando alza lo sguardo le vertigini l’assalgono ogni volta: è costretta a fermarsi, agganciarsi al muro e respirare.
A due isolati da casa vive Karl. Si conoscono da quando erano bambini. Karl ha sedici anni. Prima ancora che imparassero a parlare, le strappò una ciocca di capelli, lei pianse, andò da sua madre e lo indicò. Sua madre l’abbracciò. Le asciugò le lacrime e la rispinse verso gli altri, verso Karl.
Negli anni, nonostante avessero imparato a parlare, le parve che le parole non avessero più alcun valore. Bastava uno sguardo. Capita spesso quando si cresce insieme.
Per Sophie, lui era come un fratello. Per Karl, lei era una cosa da proteggere. Non poche erano state le volte in cui era intervenuto per allontanare da Sophie i ragazzini del parco che la importunavano mentre dipingeva. Si lanciava senza troppo pensarci e li affrontava come il più valoroso dei condottieri.
Al decimo compleanno di Sophie, le regalò una lettera. Le disse di aprirla quando fosse stata sola nella sua stanza.
Sophie attese la sera e, avvolta nelle coperte, aprì la lettera che diceva:
Non devi mai preoccuparti. Ci sarò sempre per te.
Si sentì rincuorata e amata. Di un amore diverso da quello di sua madre e di suo padre. Insieme a lei c’era Karl, l’amico adorato.
Quando si rividero lo abbracciò e le parve di non averlo mai stretto così forte a sé. 

Il dodicesimo compleanno di Sophie è passato da una settimana. Karl non c’è stato. Volatilizzato. Non si trovava. La sua assenza l’aveva turbata. Ai messaggi pieni di angoscia, non aveva ricevuto nessuna risposta. Perché Karl era arrabbiato con lei?
Negli ultimi tempi, la fantasia di Sophie si sta facendo cupa, oscura. Attimi di primavere, di autunni e di estati, alberi, foglie e prati mutevoli e colorati, tutt’a un tratto si sono fatti accesi: non più dorati tramonti a coronare le sue nature, ma cieli neri e prati che grondano di rosso vivo e blu e cupi toni del marrone. In ogni suo nuovo disegno, un’ombra: in basso, nell’angolo sinistro, una pennellata nera.
Gli è stata sempre vicina, non l’ha tradito mai. Sophie sente la rabbia crescere in lei e decide di tenere lo sfogo per sé fino alla volta in cui non potrà guardarlo negli occhi.

S: Voglio mostrarti i regali ricevuti per il mio compleanno. Dove sei finito? 
K: Vediamoci al parco. Solito posto.

Sophie e i suoi dodici anni di luce acerba e splendente muovono i passi verso il parco. Sente le vertigini ma non si tiene come le altre volte. L’amico è già lì ad aspettarla sotto la betulla, sulla quale sono incisi un gatto e un uccello.
«Questi siamo io e te, te lo ricordi ancora?» Karl posa la mano sul tronco. Trema.
«Certo che me lo ricordo. Io l’uccello, tu il gatto».
«Ora non più. Ora sono una pantera».
«Mi piace».
«Non esserne così convinta».
«Ti voglio bene Karl».
«Voglio farti vedere una cosa».
Sophie lo segue, in silenzio.
«Un baule?  Ma è antico? Dove l’hai trovato?»
«In un posto segreto».
«Così ora hai pure dei segreti».
«Non essere stupida Sophie».
«Cosa? Perché?»
«Niente».
«Allora parlo io. Perché non c’eri al mio compleanno?»
Karl guarda il baule. Non sa cosa dire.
«Non potevo. Non posso più».
«Non puoi più cosa?»
«Ho una ragazza, si chiama Clare e a lei tu non piaci».
«Ma lei non mi conosce».
«Conosce me e non le serve incontrarti per capire».
«Capire cosa? Sono io che non capisco, Karl».
«Per capire che io e te siamo come questo baule: vuoto, antico eppure pieno di possibilità. Ma io non ce la faccio Sophie. Io ho bisogno di lei e tu… tu mi stai rovinando la vita» continua Karl, «dovresti farti dei nuovi amici, Sophie. Non è colpa tua. Non è colpa di nessuno. Ma non possiamo più vederci».
Sophie stringe i pugni e vorrebbe essere un uccello per volare via lontano. Si volta e senza dire una parola torna a casa. Sbatte la porta della sua camera. I suoi genitori tacciono. Un periodo di transizione si dicono. Tutto normale. 

Si sveglia prima dell’alba, esce di casa senza far rumore e torna dove aveva lasciato Karl.
Il baule è lì, bagnato dalla brina. Lo prende a calci, più forte che può.
«Perché mi ha portata da te?», urla. Qualcuno si muove alle sue spalle, Sophie fa in tempo ad accendere la torcia del telefono, ma non saprà mai chi la prende per il polso, la fa oscillare come un ramoscello, la spinge. Lei cade, urta la testa. Il buio. 
Sophie ha da poco compiuto dodici anni e non è ancora riuscita a mostrare all’amico i regali ricevuti. Il suo cellulare riceve messaggi da Karl che le chiede di scusarlo, che la verità è che lui le vuole bene, ma non come un fratello.
È pomeriggio, Karl è nella sua stanza. Si affaccia. Il baule è sotto casa. Si infila le scarpe in tutta fretta e incredulo scende per strada. È proprio quel baule. Si avvicina titubante. Una ciocca di capelli spunta da un angolo. Trema Karl, ha paura. Apre il baule. Il corpo di Sophie giace raccolto. Sembra dormire, ma un rigagnolo di sangue le attraversa il mento. Non respira Sophie. E Karl urla, urla con tutta la forza che ha. Si inginocchia e la prende per mano. Sua madre lo raggiunge. Alla vista di Sophie porta le mani alla bocca, singhiozza, si muove svelta. Cerca aiuto. Guarda il figlio e dice: «Che hai fatto, Karl?». 


© Racconto di Adele Bloch-Bauer | Illustrazione di Chiara Ferrante | Editing di Chiara Bianchi 


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