È la sera giusta | Racconti Indigeribili

È la sera giusta | Racconti Indigeribili

Scritto da Simone Clementi
Illustrato da Lara Desogus


È la sera giusta

Ha finito di cenare da poco, e si è concesso il lusso di bere il caffè sulla poltrona, in balcone. Inizio di ottobre, il clima è ancora piacevole. Sembra esserci poca gente per strada. Indossa una comoda tuta, la televisione è spenta. Un’idea si sta affacciando tra i pensieri. Le dita, nel frattempo, stanno girando una sigaretta. Metà luna sembra fargli l’occhiolino, incoraggiando quelle idee che stanno emergendo dalle profondità della sua mente. Prende il cellulare, mentre accende e tira due boccate. Sa che l’ultimo treno regionale passerà per la stazione alle 22.40. Ha tutto il tempo. La sua piccola casa si trova a due passi dalla stazione. Qualche automobile solitaria interrompe i suoi pensieri. Tira il mozzicone con due dita, che vola nella notte placida. Sceglie con cura i vestiti: jeans neri, maglioncino leggero dello stesso colore, una lunga giacca grigia di seconda mano e un paio di guanti scuri di pelle. Allo specchio, nota un ghigno sul volto. Alza il colletto, prende lo zainetto e il libro che sta leggendo. Scende le scale, il solo rumore sono le sue chiavi che si spostano all’interno dello zaino. S’incammina lentamente verso la stazione, un luogo vecchio e in parte abbandonato. Ma a lui questa atmosfera piace. La piccola stazione, avvolta nel silenzio e nel buio della notte. Una civetta sorvola la sua testa. La guarda scomparire nell’oscurità. Attende il treno seduto su una panchina in ferro, apre il suo piccolo bagaglio e tira fuori il libro. È un giallo e ha il segnalibro a circa metà. Il regionale arriva mentre sta leggendo un capitolo importante, sale con movimenti lenti e si posiziona nella prima carrozza. Il capotreno lo saluta, gli chiede il biglietto e sparisce un po’ impaurito. Quattro fermate ed è già ora di scendere. Il treno riparte e lui si dirige verso destra, dove la strada diventa antica. Durante gli anni gloriosi dell’Impero, i romani la percorrevano per raggiungere il sud del paese. Ora, invece, c’è solo lui che passeggia sotto la fioca luce dei lampioni. Forse nell’ombra, lungo i prati, cinghiali e volpi stanno trascorrendo la notte, guidati dai loro istinti affamati. Procede con le mani in tasca e l’ennesima sigaretta tra le labbra. Un ragazzo lo supera, indossa calzoncini corti e maglietta leggera, sta correndo. Lo osserva allontanarsi. Oggi è proprio la serata giusta, pensa.

Raggiunge una panchina, si mette comodo. Accanto c'è una fontana. L'acqua fresca sgorga dal famoso Nasone. Un lampione concede un po’ di luce che sfrutta per continuare la lettura. È mezzanotte passata. Il giallo prosegue, scoprendo i suoi misteri attraverso le parole ben scelte dell’autore. Alza gli occhi dal libro. Lo sportivo sta tornando indietro. Quella fontanella sembra lo stia chiamando. Inserisce il segnalibro in mezzo alle pagine e ripone il libro nello zainetto. Nelle mani stringe una cordicella d'acciaio che ripone svelto in tasca.
«Proprio una bella serata, non trova?»
È proprio il corridore a iniziare il discorso. Forse si sente in dovere di parlare, visto che per bere dovrà avvicinarsi di parecchio.
«Già, la serata perfetta per fare qualsiasi cosa».
Il corridore annuisce, è restio a piegarsi davanti a quello strano ragazzo che parla così lentamente, solo su una panchina, a quest’ora della sera.
La cordicella è tra le mani del lettore. La stringe intorno al collo sudato dello sportivo. Il ghigno che vedeva riflesso allo specchio, il volto cambia colore, un paio di occhi sbarrati dalla paura e un respiro che si fa sempre più flebile. Trasporta il corpo verso il prato, dove il buio e alcuni alberi secolari, lo nasconderanno.

Lui voleva rilassarsi nel modo che più gli piace, correre, e lei non voleva.
«Amore ma è tardi e quella strada è molto buia».
«Tranquilla starò attento, faccio solo un giretto intorno all’isolato e torno».
Non tornerà più e la ragazza penserà, in una frazione di secondo, me lo sentivo.

Il lettore s’incammina di nuovo verso la strada del ritorno. A quell’ora non ci sono più i treni, ma c’è un notturno che può prendere e tornare comodamente a casa. È solo e sotto un altro lampione, più luminoso, controlla con meticolosità se i suoi vestiti sono ancora puliti e ordinati. Soddisfatto, cerca di scoprire l’assassino nel tascabile dalla copertina limone. L’autobus arriva dopo dieci minuti. L’autista non lo degna nemmeno di un saluto, è immerso nel suo mondo e non vede l’ora di finire il turno. Nota un solo passeggero, un uomo visibilmente ubriaco che farfuglia qualcosa con la testa appoggiata al finestrino e gli occhi quasi completamente chiusi. Lui sorride e si mette seduto proprio dietro quell’uomo. L’autobus riparte e si avvia verso il suo quotidiano giro. Il ragazzo tira fuori il prezioso oggetto d’acciaio, rigira gli estremi tra le mani e silenziosamente accompagna l’uomo verso il sonno eterno. Come prima. Rantoli deboli di respiro, nessuna resistenza e occhi ormai chiusi per sempre. L’autista non si è accorto di nulla, troppo impegnato a inveire contro un automobilista distratto e a desiderare un caffè e una sigaretta.
Tre fermate dopo, scende e torna seduto sulla sua poltrona in balcone.

Oggi era proprio la sera giusta, pensa.

 © illustrazione di Lara Desogus | Racconto di Simone Clementi | Editing di Chiara Bianchi 


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