Anonimo | Confessioni di un omosessuale a Émile Zola

Anonimo | Confessioni di un omosessuale a Émile Zola

Anonimo – Confessioni di un omosessuale a Émile Zola
Una dichiarazione autobiografica sull’essenza del proprio essere 

di Chiara Bianchi

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Nella Francia del Settecento ritroviamo le prime testimonianze di severe disposizioni antisodomia, rimaste in vigore quasi per tutta la seconda metà del secolo. Esse prevedevano condanne ed esecuzioni a morte contro quella che fu definita un crimine, la sodomia.

L’assunzione di modi, nomi e abbigliamento femminile, come anche abitudini prese in prestito dal mondo aristocratico, finirono per determinare le caratteristiche peculiari di questa “pericolosa” condotta riprovevole. In tutta Europa, proprio a partire dal XVIII secolo, i sodomiti iniziano a essere identificati come un gruppo che condivide una certa inclinazione sessuale, un linguaggio comune e un insieme di comportamenti associati al genere femminile.

Si assiste a una separazione tra questa nuova sottocultura contrapposta a quella esistente, maschile, che contemplava l’omosessualità come forma di antica virilità.

Negli stessi anni la fisiologia e la medicina, per il mantenimento del binomio eterosessuale, che proprio in questo secolo vede affermare il binarismo come lo conosciamo oggi, iniziano a pubblicare testi sul tema della procreazione. La maternità, ignorata quasi totalmente dai testi scientifici, viene posta al centro dell’interesse nell’idealizzazione della donna come nutrice.

Seppure l’interesse per il binarismo sia principalmente biologico, la stessa biologia ammette che l’etichettare qualcuno come maschio o femmina sia una decisione sociale. Un prodotto culturale, dunque, che determina un nuovo sistema di genere maschile o femminile.

Gli scritti settecenteschi antisodomia puntano il dito sui costumi dell’aristocrazia. Trucco, acconciature e merletti costituirebbero un segno di corruzione, di allontanamento dalla virilità. Dal tardo Settecento, infatti, l’abbigliamento maschile si farà più sobrio, ma il profilo del sodomita si definisce sempre più nettamente con i tratti nobiliari suddetti, decisamente negativi.

Stampe, pamphlet e libelli satirici, destinati al pubblico popolare, vengono rielaborati per una produzione pornografica che si fa gioco dell’aristocrazia, incentrando la particolare predisposizione a pratiche omosessuali. L’insistenza sul tema è veicolata da un messaggio politico che concentra la sua ansia sugli sconfinamenti di genere, i quali minaccerebbero gli equilibri sociali, la sicurezza militare delle nazioni (bellicosità fa rima con virilità).

Le differenze di genere legate alla biologia dei corpi, il rigido binarismo e i comportamenti sessuali come manifestazione di una particolare natura, si intersecano nell’Ottocento con la nuova politica contemporanea di stato-nazione che prevede una rinnovata organizzazione sociale con particolare attenzione per la cura e per il controllo della popolazione. La coppia eterosessuale rappresenterà il profilo di cittadinanza sulla base dei ruoli affidati a ciascuno. E le sessualità non eterosessuali? Verranno risospinte nell’illecito e inserite in una cornice unica patologizzante. Si assistette alla progressiva medicalizzazione della sessualità, per cui la masturbazione diviene oggetto di trattati scientifici e resa pericolosa per il fisico. Il sesso penetrativo eterosessuale l’unico ammissibile. La pederastia, pratica associata ai comportamenti omosessuali, indagata nei procedimenti penali per sodomia. In questo contesto, verrà chiesto ai medici legali di stilare i motivi di tali comportamenti che verranno ricercati non solo in ambito anatomico e fisiognomico, ma soprattutto si accende l’interesse per la biografia di questi soggetti, la cui storia personale, l’infanzia, le abitudini tutte e i comportamenti, vengono scandagliati nel nome della medicina legale e dell’antropologia criminale. Un nome su tutti è il medico legale Tardieu, che alla metà del secolo, nei suoi scritti definisce l’omosessuale come un criminale dal quale difendersi, inizia a chiamarlo pederasta e descrive le caratteristiche fisiche, addirittura entrando nel merito di quelle identificabili nei maschi omosessuali passivi. Per Tardieu, gli omosessuali sono pericolosi sovvertitori dell’ordine sociale. Succube di prevedibili pregiudizi religiosi, egli finirà per diffondere un’idea di omofobia tra la classe medica francese. Pregiudizi che tuttora sono largamente diffusi.


Gloeden Wilhelm von 1856-1931 - n. 0756 - Caputo p. 46 - Deponirt 2 Janv 1902

Più tardi Lacassagne, superando l’atavismo di Lombroso, sosterrà l’idea dell’omosessualità come vizio o patologia. L’inversione sessuale avrà presenza costante tra le pagine degli scritti di Antropologia criminale dell’epoca, avanzando ipotesi di interesse clinico, non solo criminale.

Nella seconda metà dell’Ottocento inizia il vero interesse medico per l’omosessualità, producendo enormi stereotipi. Tutto ciò che non è ritenuto criminale e patologico in relazione alla pederastia è rarissimamente documentato. Eppure, gli studi sull’isteria maschile, condotti da Charcot, portano a un incremento di pubblicazioni editoriali sull’inversione sessuale, tema caldo per medicina e letteratura scientifica divulgativa a partire dagli anni Ottanta del secolo. Iniziano a definirsi nuove concezioni dell’omosessualità che non riguardano soltanto la sfera sessuale della vita, ma abbracciano la personalità e ogni aspetto della vita.

Poiché l’unico spazio di narrazione è legato agli ambiti della medicina, aumentano le testimonianze scritte sulle riviste medico scientifiche, sotto forma di “confessioni”, inaugurando un vero e proprio genere letterario, tra l’autobiografia e la novella. Racconti che attirano l’interesse degli addetti ai lavori, ma anche la curiosità della popolazione.

Giungiamo così al 1894, anno in cui sulla rivista «Archives d’antropologie criminelle» venne pubblicato a puntate il romanzo dal titolo Roman d’un inverti-né a cura del Dr. Laupts.

Era il 1889 quando Zola ricevette, in forma anonima, la lunga confessione di un omosessuale italiano aristocratico, il quale intendeva fornirgli uno spunto e una documentazione esaustiva per scriverne un romanzo sull’omosessualità. Il manoscritto resterà in un cassetto fino al 1893 quando egli conoscerà il Dr. George Saint-Paul, interessato di antropologia criminale, al quale verrà sottoposto con la preghiera di pubblicarlo sulla rivista. Come già anticipato, il manoscritto verrà pubblicato a puntate dal dottore con lo pseudonimo Dr. Laupts e successivamente entrerà in un libro del professore con la prefazione a firma di Émile Zola.

 Gloeden Wilhelm von - Junger Mann den altgriechischen Hirtengott Pan darstellend | Zeno_Fotografie

WoM edizioni, giovane e interessantissima casa editrice, ci offre la possibilità di leggere queste pagine, scritte originariamente in francese. Il volume, curato da Debora Barattin è un gioiellino, inaugura la sezione i rosa – narrativa erotica, dal look eccentrico, con un buco al centro della copertina che ci mostra un paio di labbra carnose, voluttuose e rosse.

Il titolo non lascia disattesa la curiosità del lettore che, dopo la nota dell’editore, si apre con la lettera-prefazione scritta da Zola, indirizzata al Dr. Laupts, datata 1895, nella quale lo scrittore appoggia l’idea di pubblicazione dell’allora nomato Romanzo di un invertito-nato e si domanda «quale oscura e misera complicazione abbia avuto la Natura in quell’attimo di incertezza se il maschio nasce metà femmina, se la femmina nasce metà maschio».

Un invertito, per Zola, è un disgregatore della famiglia, della nazione e dell’umanità. Vige il principio della famiglia composta da uomo e donna uniti con il solo scopo di riprodursi. Ed è per questa profonda convinzione, dell’omosessualità come malattia, che Zola dopo aver letto le lunghe lettere inviategli dall’anonimo scrittore italiano, decide di dare nelle mani della scienza questa testimonianza documentata al fine ultimo di riuscire a facilitarne la scoperta di una cura per la guarigione (il tratto sconvolgente è legato alla facilità con cui ancora oggi si incontrino persone che la pensino così).

È nelle parole dell’aristocratico anonimo che riusciamo a sbirciare nella sua esistenza battuta dalla tristezza, dal dolore, dall’incomprensione e dall’incomunicabilità del suo sentire. Tra periodi di depressione e momenti di estrema follia in cui, recuperate le energie, va alla ricerca del suo sentire, per poi sprofondare ancora nella frustrazione del suo segreto. Alla creazione di questa altalena emotiva contribuisce il distacco familiare in cui figure come madre, padre e fratelli vengono descritti come persone indifferenti, di cui essere indifferenti. Un vuoto incolmabile pare esserci intorno al protagonista, soprattutto nel periodo dell’adolescenza, quando i turbamenti emotivi ed emozionali implodono con gran fragore, dai quali cerca di mantenere le distanze per non incorrere nel peccato. Tentazioni, maledizioni, eiaculazioni, vanità.


Gloeden Wilhelm von 1856-1931 - n. 606 - da - Gloedeneries_p. 45

Il personaggio stesso si descriverà come un vanitoso e vanesio uomo che rigetta l’idea di un rapporto sessuale completo, almeno inizialmente, e si chiede se fosse nato donna come sarebbe stata la sua esistenza.

La parola corrotto invade ogni spazio del racconto. Il concetto di vanità – la mia insopportabile vanità, scrive – rimarcato con cognizione, come a trovare in essa una spiegazione, una via di fuga, la diversità. Con l’avanzare dell’età ciò che condiziona la sua esistenza, ovvero la sua sessualità, da passione viene descritta come vizio, fino a definire l’atto in sé la cosa.

Ed è proprio in quel segreto momento di intimità che l’Anonimo cerca di confessare il messaggio, riassuntivo di tutta un’esistenza, che potremmo chiamare felicità: «Quando ci si è isolati in una camera ben chiusa e sicura tutto svanisce dai nostri cervelli e una sola idea o piuttosto una sola sensazione vi permane: quella di un desiderio che nulla può fermare e che vuole appagarsi a tutti i costi. Il dolore non esiste più in quel momento, e da molto tempo il mio corpo è abituato a ciò che in passato lo spaventava tanto. Si tratta di un tempio destinato alla lussuria e mi ispira il rispetto dovuto a qualsiasi santuario.»

Per la parte di ricostruzione storica mi sono affidata alla pubblicazione di Maya De Leo dal titolo Queer. Storia culturale della comunità LGBT+, edito Einaudi (2021). 

   


A cura di Debora Barattin
Pagine: 152
Formato: 11,5 x 20
Rilegatura: Brossura rilegata in filo refe rosso
Illustrazioni: B/N
Collana: Rosa 
Compra sul sito dell’editore 


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