L’evento della scrittura | Sara Durantini

L’evento della scrittura | Sara Durantini

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L’evento della scrittura
Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux
Sara Durantini  

É da poco uscito per 13Lab, piccolo editore indipendente milanese, un breve saggio critico, anzi tre saggi in uno, che si leggono quasi come un romanzo, anzi tre diversi romanzi, come quelli della vita e delle opere di tre grandi protagoniste del Novecento letterario francese: Colette, Marguerite Duras e Annie Ernaux. L’autrice è Sara Durantini già vincitrice dell'edizione 2005-2006 del Premio Tondelli per la sezione inediti con il lungo racconto L’odore del fieno, e autrice nel 2007 del suo primo romanzo Nel nome del padre, edito da Fernandel. Il breve ma interessante volume, che ha la forma di uno studio critico di letteratura comparata, ha anche il merito di fondere analisi stilistica e critica a una forma romanzata e più prettamente narrativa sulle occorrenze dell’incontro della stessa autrice con le tre grandi voci letterarie trattate, e ha un unico comun denominatore: la scrittura femminile, anzi l’autobiografia femminile come recita il sottotitolo, facendo della letteratura femminile un veicolo di inclusione sociale e denuncia della condizione della donna. 

Perché il punto di vista dello studio in questione è proprio quello della scrittura autobiografica delle tre autrici, che traccia all’interno delle loro opere, nelle quali l’autrice si muove con disinvoltura e analiticità, una penetrazione nei corpi e nello spirito di tre grandi scrittrici e donne, un viaggio “oltre la carne”, nel loro tempo e nella memoria, altro topos che accomuna la loro scrittura che in diversi modi può essere definita proustiana.

Forse può solo essere una  scrittura e una lettura autobiografica quella che può permettere di arrivare gradualmente a provare quello che prova un’altra anima, a entrare nell’intenso desiderio di quella persona, cercare di desiderare come lei desidera, abolendo ogni opinione personale e giudizio in modo che niente possa interferire, cercare in tal modo la completa immedesimazione emotiva, se questa è mai possibile.

Il percorso di lettura che Sara Durantini suggerisce con il suo saggio, coinvolge le tre autrici con le quali sembra instaurarsi un dialogo e un raffronto, non fosse altro per la ricorrenza delle tematiche della memoria e del recupero del passato con la scrittura, con il suo Evento.

É Colette a segnare l’inizio di questo percorso. La scrittura, per l’anticonformista del mondo delle lettere della Parigi della Belle Époque e del suo demi monde, diviene l’oggetto transazionale per eccellenza verso il mondo della sua infanzia e il rapporto con la Madre tramite il quale riconcilia, proprio con la sua figurazione, tutto ciò che essa rappresenta, la congiunzione con l’Essere. L’excursus sulla vita e sulle opere della poliedrica femminista ante-litteram Colette, scrittrice, attrice, ballerina, sceneggiatrice, giornalista, è infatti anche un viaggio nel tempo e nei luoghi dell’autrice del ciclo di Claudine (nel quale la scrittura autobiografica si fa reminiscenza dell’infanzia), nella Parigi di inizio Novecento, fino alla sua ultima dimora nella sua camera al Palais Royal dalla cui finestra osserverà la frenesia della Ville Lumière. Leggere Colette, spiega Durantini, è un modo di rispecchiarsi e identificarsi nella sua scrittura autobiografica, che poi è quel rispecchiamento che ogni lettore trova nella mimesi letteraria per proprie affinità interiori e ci porta a volgere lo sguardo verso certi autori o autrici che con i loro libri sembrano dirci: “Ecco, osserva, qui c’è qualcosa per te, qualcosa che ti riguarda”.

Molte sono le implicazioni che suscita un’autrice come Colette e le tematiche affrontate, come Durantini mette in evidenza, implicazioni di tipo psicanalitico, (junghiane e non) ci dice l’autrice, perché la scrittura di Colette si fa voce dell’inconscio, affrontando tematiche che toccano “l’indicibile” e che la scrittura ha il compito di portare alla luce squarciando il velo che separa l’invisibile dal visibile, come il rapporto con la figura materna irraggiungibile e idealizzata, esemplificata nel giardino archetipico di Sido, con tutta la simbologia dei fiori a esso collegata, o il  lesbismo, e l’incesto che attraversa a vario titolo le sue opere, da Sido a Cheri , tema quest’ultimo affrontato anche dall’autrice del saggio nel suo romanzo di esordio uscito nel 2007 per Fernandel dal titolo Nel nome del Padre. 

Il percorso di Durantini prosegue con Marguerite Duras la cui scrittura, fondendo finzione e verità, non vuole essere sublimazione né conforto ai dolori e alla vita travagliata, con la quale proprio l’atto dello scrivere sembra una resa dei conti sul filo della memoria, poiché con la scrittura non ci si limita a vivere la vita o a trascriverla, ma la si trascende e ogni libro della scrittrice, sceneggiatrice e regista nata in Vietnam nel 1914 assume anche il significato di un personale percorso interiore, spesso punteggiato dal dolore, espressione  di un’assenza, di una mancanza interiore più profonda che scava nel profondo fino (anche nel suo caso all’indicibile); il tema dell’incesto ritorna anche in Duras ed è collegato alla morte dell’amato fratello Paulo, come anche l’amore-odio per la madre e la storia della sua infanzia in Indocina, o la  storia d’amore e passione con l’attore e scrittore Yann Andréa (l’ultimo compagno della Duras), dalla loro corrispondenza alla loro sofferta storia d’amore e di passione, quasi una cronaca del loro rapporto impossibile. Un excursus sulla sua vicenda umana e letteraria che arriva fino al suo capolavoro, L’amante, la sua autobiografia che le varrà il premio Goncourt del 1984, con un’attenta analisi di Durantini sulla polisemia del suo linguaggio e la sua “scrittura corrente”, che corre veloce  e si manifesta in una rapida successione di parole, immagini suoni, che la pagina scritta deve riuscire a catturare, una scrittura che “rincorre” immagini che sfuggono e che devono essere intrappolate nella pagina,“una scrittura che fa vibrare la realtà” spesso legata all’immagine di un tempo che fu.

L’importanza dell’immagine e l’aderenza alla memoria fotografica degli avvenimenti nella scrittura è uno dei temi ben trattati da Durantini nel suo saggio e porta inevitabilmente l’autrice a parlare del suo personale percorso di avvicinamento e scoperta durante il periodo universitario (è interessante nel saggio la sovrapposizione tra lettura critica delle opere e percorso autobiografico dell’autrice stessa) alla poetica e alla scrittura di Annie Ernaux, nella quale l’importanza dell’immagine fotografica riveste un ruolo di primo piano. Una scoperta che l’autrice definisce “folgorante”, un’autrice la Ernaux  nella quale “l’io” intimo e personale diventa ben presto, “l’io” universale, dando voce a intere generazioni di donne che vi si rispecchiano, al loro animo e al loro corpo “oltre la carne”, creando una sorta di mappatura del corpo.

L’urgenza della scrittura in Annie Ernaux diviene autosociobiografica, memoria personale e storicità si fondono,  le sue esperienze personali diventano specchio dei tempi, il racconto del suo aborto clandestino del 1963 narrato in L’evento (l’ultimo libro pubblicato da noi grazie all’editore L’orma prima del recente La Donna gelata è esemplificativo). La scrittura per frammenti, folgorazioni, annotazioni, immagini, bene evidenziata da Durantini nell’analisi dell’Atelier Noir della Ernaux, quasi l’officina dei suoi romanzi, porta a quella cosiddetta “scrittura piatta” che contraddistingue la Ernaux, un estremo passo verso un linguaggio “sromanzato” per rendere ciò che di più intimo e privato il passato ha sepolto, pure se in un modo e con uno sguardo scarno e affilato, alla ricerca di una voce archetipica, essenziale, spogliata di ogni sostrato emotivo e soggettività, potendola associare alla “scrittura bianca” di cui ha parlato Roland Barthes in Il grado zero della scrittura. Un luogo, la scrittura, che arriva a colmare vuoti o forse solo a arrivare all’ignoto che abbiamo dentro, perché ci dice Durantini citando la Ernaux da L’evento: 

 “Aver vissuto una cosa, qualsiasi cosa, conferisce il diritto inalienabile di scriverla. Non ci sono verità inferiori”

L’evento della scrittura per Annie Ernaux, come per l’autrice di questo bel saggio critico è rivelazione del vero.

Il volume di Sara Durantini è un’attenta seppur personale escursione tra le loro opere e all’interno del percorso di tre grandi autrici del Novecento francese e non solo, un ricco documento con riferimenti letterari, quasi una guida letteraria e introduzione alla scoperta di tre grandi autrici, partendo dal dato autobiografico di tre donne in un secolo, come in molti altri, nel quale la voce femminile ha faticato a emergere.  

L’evento della scrittura
Sull’autobiografia femminile in Colette, Marguerite Duras, Annie Ernaux
Sara Durantini 
13 Lab Editore - aprile 2021 - pag. 133, euro 12,00

© Simone Bachechi


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