L'ultimo e basta | Racconti Indigeribili

L'ultimo e basta | Racconti Indigeribili

Scritto da Simone Clementi
Illustrato da Dario Licata


L'ultimo e basta

Giuro che è l’ultimo. 
Da domani mi sistemo e rigo dritto. 
Sì lo so, l’ho già detto un milione di volte e lo ripeto sempre quando lo faccio, ma ora è diverso. 
Cosa è cambiato? Ci sei tu, da poco più di un anno, ecco cosa c’è. 
Dovrei aver già smesso, è vero. Non è così semplice, sai? All’inizio è tutto bello, tutto fantastico. È come provare mille orgasmi simultanei in un unico istante. Non hai pensieri e il mondo ti appare come un grande parco giochi, tu devi solo salire sulla giostra e goderti la discesa. Continui ancora un po’, giusto per divertirti. Ti ripeti che puoi smettere quando vuoi, sei tu che usi lei, non il contrario. Quanta ingenuità c’è in questo pensiero. Già dalla prima volta, ti ha fottuto alla grande e tu non te ne rendi nemmeno conto. Sei tu la sua puttana e non lo sai. 
Perché le sto dicendo a te queste cose, proprio non lo so. Non puoi neanche rispondermi. Mi guardi in silenzio con quegli occhioni grandi e azzurri. Gli stessi che aveva tua madre. Che Dio abbia pietà della sua anima, e della mia, se gli avanza tempo. Non hai ancora cominciato a parlare, almeno non bene, ma cazzo quante cose mi dici con quello sguardo e quelle risate. Sei la cosa più bella che mi sia capitata. Potresti rappresentare l’ultima occasione che ho per rimettere in carreggiata la mia vita, ma sappi mio caro, che il tuo amore è in grado anche di giudicarmi. Sì, mi hai sentito bene. Anche adesso lo fai, mentre mi sorridi seduto sul seggiolone. Non sai quello che sto facendo, nella tua mente potrebbe essere un gioco. Invece sto con un cucchiaio in mano, un accendino sulla mano sinistra e sto squagliando questa robaccia marrone. Già dall’odore sento che è merda pura. 
Domani starò tutto il giorno al cesso a vomitare, già lo so. 
Per quelli come me e tua madre, non c’è una scorciatoia. Per arrivare al paradiso si deve passare per l’inferno. Dovrò farlo, dovrò ballare gomito a gomito con Satana se voglio salvarmi. 
Ho perso tua madre per colpa di questa schifezza, oggi è anche il suo primo anniversario. 
Il pensiero che forse sono stato io a ucciderla mi distrugge l’anima. Se non fosse stato per te, l’avrei raggiunta già da un pezzo. Ormai non le conto più le volte che ho pensato di farlo sul serio. 
Devo confessarti una cosa. Circa una settimana fa, ci sono andato vicinissimo. Erano circa le cinque  del mattino. Tu ancora dormivi, mi sono svegliato di colpo. Avevo sognato tua mamma e la nonna che mi accusavano di tutto, perfino delle loro morti. È stato un momento tremendo, sono uscito per una boccata d’aria e ho guardato giù dal balcone. Mi sono girato un attimo e tu eri ancora lì, ignaro di tutto che dormivi beato. L’aria era quasi del tutto assente e per strada non girava nemmeno un cane. D’estate è impossibile vivere a Roma, infatti se ne vanno tutti. Beati loro che hanno i soldi per farlo. Mi sono seduto sul muro del balcone, con le gambe che ondeggiavano nel vuoto. Ero pronto a farlo. Dico sul serio Angelo, stavo per buttarmi quando qualcosa o qualcuno mi ha fermato appena in tempo. Sai chi è stato a fermarmi? 
Sei stato tu. Già, proprio così. Hai iniziato a piangere. Ti ho sentito e sono tornato in me. Mi sono girato e sono sceso, ti ho preso in braccio. Abbiamo pianto insieme per non so quanti minuti. Io ero disperato e felice allo stesso tempo. Tu avevi semplicemente fame. Mi sono diretto in cucina e ti ho preparato il latte. 
Monica, tua madre, ha voluto chiamarti Angelo. Lo sapeva prima ancora di me, sapeva che eri stato mandato a salvarci. Almeno uno di noi due. 
Questo è veramente l’ultimo buco, l’ho promesso anche allo zio. 
Hai visto ieri, quanti schiaffi ha dato zio Marco al tuo papà? Mi dispiace che tu ti sia spaventato amore mio, ma  zio ha fatto la cosa giusta. L’ha fatto perché ci vuole bene e non vuole perderci. Mi ha quasi trovato un lavoro. Ancora non mi hanno assunto, dovrò fare il colloquio tra una settimana. Il tempo per darmi una sistemata. Cercano degli operai per una fabbrica di chiavi e lucchetti. È un’azienda  americana e se gli piaci, ti assumono a tempo indeterminato e stai tranquillo. Zio Marco conosce uno dei direttori, andavano all’università insieme, ha messo una buona parola per me. 
Devo pulirmi completamente, questo è l’accordo. Altrimenti, farà di tutto per separarci. Ho già iniziato il percorso, da quattro mesi sono in terapia con la mutua e mi buco solo ogni tanto. Rispetto a prima ho fatto molti progressi, lo dice anche la psicologa. Ma non basta. Devo fare di più e so che posso riuscirci. Prima che questa robaccia marrone entrasse nella mia vita, ero uno cazzuto. Il tuo papà era un gran chitarrista, lo dicevano tutti. Ho scritto anche delle belle canzoni e se non fossi stato così stupido, adesso avrei potuto essere uno famoso, di quelli che suonano nei palasport. Ma chi lo sa? Prima la pulizia totale, poi il lavoro stabile e infine potrei anche riprendere la chitarra in mano. Ho già qualche idea per una canzone che voglio dedicarti. Ho scritto metà del testo e ho una mezza melodia in testa. Ora però devo finire questa cosa, la siringa è pronta e la cintura è ben stretta intorno al braccio. 
No, perché piangi amore mio? Fino a poco fa mi sorridevi. Non è niente, papà è sempre qui con te, non ti lascia. Non vuoi che lo faccia, vero? 
Hai ragione Angelo mio. Hai solo un anno e mezzo e sei già più saggio di me. Forse è la seconda volta che mi salvi la vita. Buttiamo questa merda nel cestino e andiamo a dormire. Vieni qui da papà, questa sera dormi nel lettone con me. 
Tra le mie braccia sei ancora più bello. 


© Racconto di Simone Clementi | Illustrazione di Dario Licata | Editing di Chiara Bianchi 


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