Una sala di specchi è un romanzo asciutto e crudele sul "lato oscuro dell'America", quella dei conflitti sociali, del suprematismo bianco, del fanatismo. Ora come allora.
Recensione di Erika Casciello
Siamo nella ribollente New Orleans degli anni sessanta, la città nella quale si intrecciano le vicende di questa opera corale in cui non c'è redenzione né speranza, ma un inesorabile crescendo di sopraffazione e corruzione.
Reinhardt era un clarinettista affermato, un virtuoso, una promessa della musica, ma il suo amore per il whisky e la marijuana, la fascinazione per lo stile di vita hippie e un alto livello di cinismo lo hanno velocemente portato in rovina. Nel tentativo di risollevarsi, trovatosi senzatetto e senza un impiego, chiede soccorso un'associazione e trova lavoro in una fabbrica di sapone in cui incontra Gerdaldine.
Geraldine è una giovane sbandata: nel suo passato la perdita di un marito e un figlio, un protettore che le ha sfregiato il volto e l'abuso di alcool. Inevitabilmente è proprio questo ad avvicinare i due, che cadono così preda di un rapporto distruttivo fatto di psicosi alcoliche, passione e violenza che li porta rapidamente a perdere la ragione.
Inseguendo un vago progetto di ambizione personale che possa riavvicinarlo all'ambiente musicale, Reinhardt abbandona il lavoro in fabbrica per diventare lo speaker di punta di una famigerata radio locale, la WUSA, che però propaganda idee di estrema destra. Consapevole dell'ambiguità del proprio ruolo ma mosso sempre dal peculiare cinismo, Reinhardt cerca di cavalcare il più a lungo possibile un atteggiamento neutro, mentre cresce in lui la consapevolezza del precipitare degli eventi.
Nel contempo facciamo la conoscenza di Morgan Rainey, uno sprovveduto incaricato dal consiglio municipale per svolgere un censimento dei beneficiari degli assegni di invalidità che altro non si rivelerà che un mezzo subdolo del comune per privare la popolazione nera più disagiata di ogni sostentamento economico. Scoperto l'inganno Rainey comincerà a maturare il sogno di un gesto folle ed eclatante per riscattarsi moralmente.
Mentre il ritmo della narrazione si fa sempre più concitato e delirante, in un intrecciarsi folle di nazionalismo, fanatismo religioso e suprematismo bianco, si progetta un grande evento al palazzetto dello sport per scatenare un conflitto sociale che finirà per coinvolgere tutti: Reinhardt come voce narrante dell'evento; Geraldine, delusa e ferita da lui, che giunge all'evento col progetto di farsi giustizia; Morgan Rainey, che inconsapevolmente sale su un furgone carico di dinamite, con l'idea di sabotare l'evento.
Il tragico epilogo della storia non giungerà troppo inaspettato.
Una sala di specchi è un romanzo asciutto e crudele, pochi gli sprazzi poetici ma comunque avvolti di quella amara malinconia che pervade le anime disperate e dannate. Quello che sembra mancare a tutti i personaggi è la lucidità, mentre si abbandonano alla vita in un continuo oscillare tra insofferenza e indolenza, tra corruzione, opportunismo, egoismo e alessitimia, in cui non ci sono buoni o cattivi ma un alternarsi di sfumature di grigio nelle quali si perdono giorno per giorno, compiendo azioni sabotative e insensate, come scavare nel fondo per trovare una luce o cullandosi nella speranza di essere salvati autodistruggendosi.
È altresì inquietante che l'intera narrazione risulti tutt'oggi così attuale, come la creazione dei conflitti sociali attraverso la privazione dei diritti, la propaganda faziosa, "il lato oscuro dell'America" sempre lì, presente, come la faccia nascosta della Luna.
Una società che lotta con i suoi demoni, ora come allora, dove convivono cieca avidità e miseria, nella quale si finisce per essere risucchiati, nella quale si guarda con affetto sopraggiungere la fine per trovare un po' di sollievo all'anima.
Titolo originale: Una sala di specchi
Autore: Robert Stone
Edizioni: Minimun Fax
Traduzione: Dante Impieri
Pagine: 547
Pubblicazione: ottobre 2024
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