August Strindberg | Il capro espiatorio

August Strindberg | Il capro espiatorio

August Strindberg | Il capro espiatorio

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Il giovane avvocato Libotz si trasferisce in una piccola cittadina con grandi speranze ma ad attenderlo troverà tutta la granitica diffidenza di un'intera comunità pronta ad affibbiargli la lettera scarlatta de "Il capro espiatorio".

di Erika Casciello

Il giovane avvocato Libotz giunge da forestiero in una piccola cittadina adagiata su di un fondovalle dalla quale spera di ripartire economicamente e, fortuna volendo, anche sentimentalmente.
Apre il suo studio con grandi speranze e aspettative, assume un aiutante, applica un'altisonante e lucida targa sulla porta e attende pazientemente e speranzoso i clienti che quel piccolo borgo può attrarre.
Ma nonostante la buona volontà gli tocca constatare che attorno a lui si muove un certo sospetto, una derisione, acredini difficili da estirpare. Pensando sia colpa del proprio atteggiamento nei confronti della comunità, prova a blandirli, concede ai clienti favori ma ottiene solo l'effetto collaterale di acuire nei suoi confronti l'ostilità e il disprezzo.

Non va molto meglio nemmeno la vita sociale: il primo concittadino con cui entra in contatto è Askanius, un oste con cui in alcune occasioni scende anche in confidenza ma, nonostante i tentativi di stabilire una relazione amicale, i rapporti tra loro restano tiepidi e diffidenti. Mosso da una forte ambizione e una certa sicumera, Askanius, sembra infatti sempre troppo assorbito dalla propria persona e dalla propria sorte per curarsi di chicchessia.
Frequentando il ristorante di Askanius, Libotz tenta anche una relazione con una delle cameriere del locale, ma anche questa naufraga ben presto senza troppi drammi, per un terzo incomodo. Alla coppia, infatti, e tra Libotz e Askanius, si aggiunge il commissario Tjärne, uomo ambiguo e senza scrupoli, che con le proprie azioni scellerate decide la sorte di tutti gli attori coinvolti nel romanzo, come un oscuro burattinaio.

Lo strindberghiano personaggio di Libotz, sotto molto aspetti, mi ha ricordato quello dell'impiegato delle poste Berger, dal romanzo Due vivi e un morto del norvegese Christiansen. Entrambi sono giovani adulti alla ricerca della propria affermazione professionale e individuale, entrambi si trovano a scontrarsi con una società indifferente, crudele e ipocrita, restandone isolati. 
Sembra essere questo un tema ricorrente nella cultura scandinava novecentesca, un tema intimo dalle sfaccettature sociali, dalle sfumature filosofiche e dalle radici bibliche, dell'individuo emarginato, giudicato, quando non apertamente condannato, dalla collettività.

All'irrazionalità delle dinamiche sociali si aggiunge anche una componente magica, popolare, scaramantica, di ricerca di una vittima su cui scaricare la malasorte, individuando nel personaggio emarginato e ricusato il perfetto agnello sacrificale.
Personaggio interessante anche quello dell'oste: mosso istintivamente da una certa empatia nei confronti di Libotz, avendo subito una sorte simile al protagonista in passato, Askanius si muove ambiguamente nei suoi confronti per evitare di essere in qualche modo "infettato" dalla repulsione sociale che lo circonda, non rendendosi conto che quel sentire collettivo che si presta a tutelare lo considera a sua volta un intruso.
Ma mentre Libotz, in definitiva, si sottrae alla propria sorte abbandonando il campo, perdendo di fatto il titolo di capro, Askanius ne soccombe, subendo alla fine proprio quella sorta di trasferimento di condanna che tanto aveva cercato di evitare.
Ed è proprio sotto questo aspetto che a mio parere andrebbe visto il terzo personaggio, Tjärne, il commissario canaglia, un individuo dalle caratteristiche personali volutamente appena accennate, che però risulta coinvolto in ogni azione determinante la trama: è lui infatti ad incarnare la collettività stessa, nella violenza del giudizio e nell'indifferenza di fronte al dolore altrui.
Perché «la gente non sa perché ama o odia [...] Hanno avuto libero il loro Barabba, ma non ci vorrà molto prima che lo ficchino dentro un'altra volta.»

Romanzo freddo, cinico e amaro, si chiude mostrando due reazioni antitetiche a una sorte avversa: l'autodeterminazione ribelle, quasi adolescenziale, un colpo di coda vitale, chiassoso e acerbo o la matura, garbata e ironica contemplazione del proprio destino. 

È questa la strada che sceglierà il protagonista, in ultima battuta, abbandonato il paese e la propria paura alle spalle e risalendo il crinale, verso una nuova meta, quasi in un "e quindi uscimmo a rivedere le stelle" di dantesca memoria.


Titolo: Il capro espiatorio
Autore: August Strindberg
Traduzione: Franco Perrelli
Edizioni: Carbonio Editore
Collana: Origine
Genere: Romanzo
Pagine: 162
Uscita: Gennaio 2023
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