Mini Recensioni Musicali | Settembre | parte I

Mini Recensioni Musicali | Settembre | parte I

L’estate sta finendo, papparaparappàppà, e un anno se ne vaaaaa! Ammettiamolo: una volta messo alle spalle il mese di agosto, tutti canticchiamo questa allegra canzoncina dei Righeira che mostra il dito medio a “Summertime Sadness”. Dopo un’estate di tormentoni e sabbia nelle mutande, arriva quella piccola nostalgia canaglia che fa sospirare e ricordare - con una lacrimuccia - i tre mesi appena trascorsi. Noi di CrunchEd, affrontiamo di petto la situazione proponendovi alcuni dei dischi che hanno segnato la nostra estate, nel bene e nel male. La nostra Fiorella Vacirca torna alla carica (decisamente poco abbronzata) con le mini recensioni "L'estate sta finendo" edition.


VIRTUAL TIME – album “From The Roots to a Folded Sky” (GoDown Records) – 28 aprile
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I Virtual Time suonano insieme dal 2012, mischiando diversi generi senza mai rinnegare le loro radici rock. Le abbracciano e le dispiegano completamente anche in questo lavoro dal titolo “From the roots to a folded sky”, primo album di cinque in totale, per un progetto pronto ad omaggiare la musica rock nella sua quasi interezza.
Il disco, composto da 8 canzoni, spazia in molte categorie e sottocategorie del genere, facendo l’occhiolino anche a giganti della musica internazionale come gli AC/DC, i Led Zeppelin, i Deep Purple e tanti altri.
Ottima produzione e ottimi suoni, due elementi che invogliano alla scoperta di cosa nascondono nel cassetto i Virtual Time per i prossimi quattro dischi.



HANDLOGIC – remix: “Earplugs” (Alberto Ferrari), “Mindlogs” (Appino), “Mindlogs” (Offmuziek), “Oroboro” (Ohtewa)
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Handologic è un progetto di elettronica alternativa tutto italiano, nato a Firenze un paio di anni fa che si è subito messo sotto i riflettori di un certo ambiente alternativo nostrano.
Il gruppo torna quest’anno con “Remixes”, una raccolta di quattro brani remixati, appunto, da quattro nomi eccellenti della scena italiana: Alberto Ferrari, Appino, Offmuziek e OHTEWA.
Quattro remix con personalità concrete e diverse fra di loro, perfettamente creati per esprimere sfaccettature inaspettate dei già eccellenti pezzi di origine.


SPREAD – album “Vivi per miracolo” (GoDown Records / Music for the People)
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Rock alternativo alla massima potenza per gli Spread, nel loro nuovissimo disco “Vivi per miracolo”.
Un bel 10 tracce ricco e complesso, per orecchie allenate e curiose. Mixato e registrato da Alberto Ferrari (sì, ancora lui), è un lavoro di eccellente abilità musicale e vocale, che il gruppo bergamasco fa sembrare di facile fattura. Ogni canzone però è composta da diversi elementi e diverse sonorità, che sicuramente dal vivo renderanno ancora di più.



MELLOW MOOD – album “Large” (La Tempesta Dub)
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Per ascoltare “Large”, il nuovo disco dei Mellow Mood, dovete essere almeno un pochino amanti del reggae. Il gruppo, attivissimo da diversi anni nella scena italiana, è capitanato dai gemelli Jacopo e Lorenzo Garzia, che con questo lavoro vogliono creare atmosfere meno di festa e più di riflessione, con testi ben pensati dai messaggi profondi.
Mi verrebbe da dire che fare musica reggae è un pregio ma è anche un gigantesco problema: come per tutte le produzioni di questo tipo, dopo qualche canzone passa la voglia di ascoltare il disco, ma se si resiste si può scoprire un universo fatto da artisti che non scimmiottano ma abbracciano la cultura, persone che hanno capito che direzione dare al loro talento e che non scendono a compromessi.



GUSTAVO – album “Dischi volanti per il gran finale” (I make Records)
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Album d’esordio per Francesco Tedesco, in arte Gustavo, questo “Dischi volanti per il gran finale”. Un disco che è un po’ De Gregori e un po’ Cammariere, con pezzi che a livello musicale non hanno niente da invidiare a nessuno e a livello di testi risultano un po’ criptici e molto poetici. Del resto Gustavo nasce prima come poeta e poi si trasforma in cantautore. Fatto sta che i dischi volanti sembra di vederli volare di qua e di là, fra una canzone e l’altra. Allucinazione collettiva? Forse. Sicuramente un buon primo disco.

© Fiorella Vacirca

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