Five Foot Two - Netflix

Five Foot Two - Netflix

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Stefani Germanotta, per gli amici Lady Gaga.
Classe 1986 e un successo mondiale da portare sulle spalle.
Non la ascolto e non sono sua fan, penso che a recitare sia tremenda e dopo due puntate di “AHS-Hotel” di cui era protagonista volevo strapparmi gli occhi.
Ma c’è una cosa che mi è sempre piaciuta di quest’artista eccentrica: la schiettezza e la trasparenza che si sono sempre percepite ad ogni suo intervento.
In dieci anni Lady Gaga ha sfondato lo sfondabile e proprio di recente Netflix ha prodotto “Five foots two”, documentario che racconta i dietro le quinte di una cantante di fama mondiale che prima di tutto è una giovane donna, figlia e amica, proprio come ogni ragazza trentenne di questo mondo.
È sorprendente l’umanità che trasuda per tutti i 100 minuti, nonostante i tuffi nel lusso.


Quando guardiamo un concerto, specialmente se si tratta della nuova regina del pop (Madonna ce devi sta', lei è la nuova regina del pop è inutile che ci giriamo attorno) non ci soffermiamo mai a pensare che l’animale da palcoscenico che si sta calando appeso a un cavo d’acciaio è un essere umano come noi e che, come noi, soffre a causa di una delusione amorosa o si trova a dover lottare contro una fibromialgia cronica.
Il regista Chris Moukarbel toglie ogni maschera a questo animale da palcoscenico e ci lascia sbirciare dallo spioncino la vita di questa donna incredibile. Forte e determinata non si ferma neanche davanti agli spasmi muscolari provocati dalla sua malattia.

Il documentario è pieno di momenti delicati di familiare fragilità.
Primo su tutti il lavoro sulla canzone “Joanne” dedicata alla zia scomparsa, dalla quale Lady Gaga ha ereditato il secondo nome (Stefani Joanne Angelina Germanotta). Sotto le note di “Joanne” (che da anche il nome all’ultimo album) ci racconta aneddoti appartenenti alla storia della sua famiglia italo-americana e rimaniamo inermi ad osservare un momento così intimo che quasi ci sentiamo di troppo.
Passiamo dagli amici alle prove per l’esibizione del Super Bowl, da un pomeriggio di incisione con Florence Welch a un lettino di ospedale per accertamenti dovuti alla malattia.

È un fiume di informazioni raccontate in chiave emotiva nei quali vengono affrontati tutti i temi possibili: delusioni d’amore per le quali non ti puoi permettere di avere tempo, dolori fisici che non possono bloccarti troppo a lungo durante le registrazioni, il sessismo nel mondo dello spettacolo e il desiderio di non voler lavorare con nessun produttore diverso da Mark Ronson, le scaramucce con Madonna alla quale vorrebbe solo dire “dimmelo in faccia se pensi che io sia una merda” e il rapporto con il papà che è sempre un sottofondo alla narrazione. 

Quello che più mi ha colpito da questa visione, al di là delle vicende personali della cantante, è una pura riflessione sulla musica legata alla vita di tutti i giorni.
Molto spesso, infatti, le canzoni si fanno veicolo di momenti intimi e personali di ognuno di noi, danno voce ai nostri pensieri e vengono ricollegate a determinate sensazioni ed eventi delle nostre vite.
Chissà quanti di noi ascoltando “Joanne” hanno finito per cucire addosso a quelle melodie una propria storia senza sapere (o comunque senza ricordare) che dietro a quelle parole c’è una storia completamente diversa che ne ha permesso la nascita e la scrittura.
E forse è proprio questo il miracolo della musica ed è proprio questo che ci dovrebbe portare solo a ringraziare artisti come Lady Gaga per quello che riescono a trasmettere attraverso il loro lavoro.
Dopo la visione di “Five foot two” tutto avrà sicuramente un suono diverso.

[Da guardare munito di fazzolettini. Anche stavolta io vi ho avvisati].

© Giulia Cristofori

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