Kung Fury

Kung Fury

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Il sito garzantilinguistica.it definisce il termine trash in questo modo:

si dice di prodotto di comunicazione di massa televisivo, cinematografico, letterario ecc. che riflette un gusto scadente, volgare, di infima qualità
di pessimo gusto: una casa, un vestito trash

♦ n.m. invar.
tendenza al cattivo gusto, alla volgarità: il trash sta imperversando

Etimologia: ← voce ingl.; propr. ‘spazzatura, immondizia’.

Una connotazione negativa al 100% che ci fa anche storcere un po’ il naso quando parliamo di qualcosa che rientra pienamente nella categoria.

Poi ci sono le rare eccezioni, quelle che fanno capire che il trash non è per forza un’entità negativa ma che può anche essere fonte di gioielli dal valore immenso.

È decisamente questo il caso di Kung Fury, mediometraggio della durata di 31 minuti, pubblicato su internet (netflix e youtube) nel 2016 e creato grazie ad una campagna kickstarter che ha raccolto 600.000 $ a fronte dei 200.000 $ richiesti dagli ideatori del film.

La pellicola è stata ideata, scritta e interpretata da David Sandberg, un filmmaker svedese che ha sempre lavorato con gli spot commerciali, finché un giorno ha detto basta e si è buttato a capofitto nella stesura di una action-comedy ambientata negli anni ’80, e non si può dire che il risultato sia andato lontano dalle aspettative.

Per chi negli anni ’80 ci è nato o ha vissuto, Kung Fury è l’apoteosi dei ricordi di infanzia: sale giochi, Converse ai piedi, la tipica patinatura dei film di quell’epoca, esplosioni a caso, hacker che possono fare di tutto schiacciando tasti a caso, un protagonista poco loquace con le parole ma incredibilmente esplicativo con le mani, sequenze che omaggiano i videogiochi a scorrimento orizzontale e, infine, la colonna sonora pubblicata esclusivamente in vinile e affidata nientepopodimeno che a David Hasselhoff, sono solo alcuni degli elementi che lasciano lo spettatore divertito ed estasiato come un bambino di 10 anni.

Il film è stato girato quasi tutto su chroma key e nonostante questo è stato fatto benissimo, talmente bene che è difficile capire come siano riusciti a usare solo poco più di 600.000 dollari. Andrei nel dettaglio delle scene una per una pur di spiegare i mezzi di fortuna che hanno dovuto usare (per esempio: avevano a disposizione solo un’uniforme della polizia e hanno dovuto girare tutte le scene con i poliziotti singolarmente, per poi montarle insieme in post produzione) ma non vorrei rovinare la sorpresa – che su un film di 30 minuti è veramente importante mantenere – però diciamo solo che il film inizia con Kung Fury (il protagonista) che corre per la presunta città di Miami sulla sua Ferrari, per andare a sconfiggere un terribile videogioco che ha preso vita e sta distruggendo la città, uccidendo chiunque gli si pari davanti. 

Ah, e dopo arriva su un fulmine anche Hitler, facendo partire la vera e propria trama del film e non è uno spoiler perché è nel trailer.   

Grazie al dio del buon gusto, il film è stato recepito dal pubblico con delle standing ovation di commenti e recensioni, perché è a tutti gli effetti un capolavoro e non sono ironica. David Sandberg è riuscito a creare un universo nel quale anche la situazione più assurda ha senso perché è perfettamente inserita nel contesto di esagerazione e divertimento della trama, ed è così che dovrebbe essere: se il film si fosse preso sul serio – o se le persone avessero cominciato a prenderlo sul serio – allora la magia dell’assurdo non avrebbe funzionato e non saremmo qui a parlarne.

In conclusione, Kung Fury è un videogioco formato film e anche se è vero che non è lo spettatore a giocarci direttamente, non si può fare a meno di tornare indietro nel tempo e sentirsi un po’ come quando nelle sale giochi si guardava giocare i ragazzini più grandi al proprio arcade-game preferito, e si godeva tantissimo nel guardare mosse che noi neanche ci sognavamo di poter fare.

Insert coin.

© Fiorella Vacirca

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