It’s an Halloween countdown | Beetlejuice

It’s an Halloween countdown | Beetlejuice

Oggi è sabato e sabato vuol dire nuovo appuntamento con  “It’s an halloween countdown”. 
Un conto alla rovescia che si assottiglia sempre di più dato che mancano solo 7 giorni alla festa degli spiriti! Pronti?

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Il film di oggi è credo il mio film preferito in assoluto tra quelli diretti da quel talento sforna capolavori che è Tim Burton.

Parliamo di BeetlejuiceSpiritello Porcello commedia spooky del 1988 magistralmente accompagnata da una colonna sonora a dir poco geniale creata da Danny Elfman.
Ma parliamo un po’ della storia.



I protagonisti sono i coniugi Maitland (interpretati da Alec Baldwin e Geena Davis), una coppia semplice di una cittadina di periferia la cui felicità è oscurata dal fatto che non riescono ad avere figli.
Tutto cambia quando i coniugi hanno un incidente d’auto, e tornando a casa si rendono conto di essere morti.
Smarriti e abbandonati a se stessi, i Maitland cercano di capire come muoversi in questa loro nuova condizione di “spiriti” grazie anche al “Manuale del novello deceduto”, che si ritrovano in casa al loro ritorno dopo l’incidente mortale.
Scopriranno di essere bloccati dentro la loro casa per almeno centoventicinque anni anche a causa dei vermi delle sabbie che popolano l’esterno, e ben presto dovranno affrontare una minaccia se possibile ancor più temibile, i Deetz, i nuovi proprietari newyorkesi della loro abitazione, pronti a stravolgere tutto.
Tutto sembra perduto quando una provvidenziale pubblicità fa scoprire ai Maitland Beetlejuice, un presunto bio-esorcista che, tanto per farvi capire il genere, canta “Io inghiotto, vomito, sputo e rutto, faccio porcate, chiedetemi tutto!
Inquietante, politicamente scorretto, libidinoso, Beetlejuice, una sorta di Jerry Calà molto più cattivo e coi capelli verde muffa, interpretato tra l’altro da un Michael Keaton assolutamente pazzesco, ne combinerà di tutti i colori fino quasi all’irreparabile.
Come va a finire?
Come al solito non vi spoilero nulla, sappiate solo che è esattamente il genere di film che vi terrà incollati alla sedia tra siparietti inquietantemente geniali, ironia alle stelle e trovate di una comicità variabile tra il sottile/elegante e le peggio battutacce squallide da balera. Ma andiamo alle motivazioni per cui questo film è per me IL film.

Innanzitutto un visionario Tim Burton che nonostante sia agli inizi della sua carriera crea un mondo al limite del reale, la contrapposizione netta tra la dimensione dei vivi e quella dei morti per colori e caratteristiche, è infatti in quest’ultima che il regista comincia a lasciarsi andare creando un mondo variopinto e fantasioso frutto di quell’estro creativo che tanto amiamo di Tim Burton e già riconoscibilissimo (i vermi delle sabbie torneranno poi in altri suoi capolavori).
L’esplosione artistica finale si ha nel personaggio di Beetlejuice, fantasmagorico, volgare (in senso buono) incontenibile, rappresenta la perdita di ogni freno inibitore, per questo lo amiamo.
Bellissima è inoltre la fluidità dei passaggi di camera tra i vari scenari (l’iniziale passaggio dal vero paese al plastico di Adam è assolutamente stupendo, come anche il passaggio dalla scena dell’aldilà alla casa ormai completamente stravolta dai Deetz).

Un’altra cosa che mi fa impazzire è il concetto di inquietudine celato in questo film, che va a pescare nei grandi classici dell’orrore gotico come Dracula o dal grande maestro della suspense Hitchcock. L’oscura presenza di Beetlejuice infatti, aleggia sui protagonisti sin dalle prime scene del film in un crescendo graduale che sa di “spada di Damocle”, neppure il suo nome deve essere pronunciato per non rischiare di evocarlo, eppure è proprio quel nome a dare il titolo al film, nonostante il nostro Spiritello compaia appunto solo dopo quaranta minuti buoni dall’inizio.
Ma la cosa che più di tutte mi fa apprezzare questo film, al di là di tutto il resto, è la capacità di Tim Burton di mostrare il “diverso” sotto un punto di vista unico, di mettere a nudo l’inquietudine umana e porla alla base di un’evoluzione personale in cui ogni contrapposizione netta si perde nella fluidità della contaminazione e nella perdita di quelle apparenze che, come ci insegna il grande maestro Burton non sono quasi mai come sembrano.

Tranne per Beetlejuice, lui è esattamente quello che sembra.

© Nadia Caruso

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