A Star Is Born

A Star Is Born

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Ah un bel pippone d’amore con sicura tragedia annessa!

Questo è il pensiero che si ha alla visione della locandina di “A star is born” e fa paura approcciarsi. Si mette play timidi con i fazzolettini pronti in tasca. Cosa vi aspettavate voi?
Perché io ammetto che mi aspettavo un qualcosa alla “La La Land”. Mi aspettavo una storia d’amore scintillante e infiocchettata, con una Holliwood magica in sottofondo, un finale da calci nello stomaco e una colonna sonora che non abbandona più la tua mente e il tuo cuore e la devi sentire fino alla nausea per i successivi sei mesi (minimo).

Mi aspettavo i protagonisti buoni e bellissimi, melensi, scontati come un’offerta del lunedì alla Conad.

A star is born” non è quello che mi aspettavo, fatta eccezione per i calci nello stomaco e la colonna sonora che ha riempito a pieno le mie aspettative. È un film onesto. Non vuol essere una storia con i colpi di scena, non vuol essere una storia nuova. Bradley Cooper, per la prima volta dietro la macchina da presa, prende un pugno di terra sabbiosa dell’Arizona e ce la lancia in bocca. Partiamo da quello che non mi ha convinto così poi posso passare agli elogi, perchè al contrario del film preferisco chiudere col dolce anziché l’amaro.

La trama è scontata, sì. Sono sicura che l’obiettivo, però, non fosse quello di raccontare una storia mai vista bensì quello di raccontare una storia vecchia come il mondo con parole diverse.

Jackson Maine è una rockstar consumata dall’alcol, dall’acufene e dal suo passato travagliato e incontra Ally, cameriera dalle doti canore pazzesche, durante una serata in un locale di Drag Queen. Jackson la prende, la ama e la lancia nel mondo dello spettacolo. Lei lo prende, lo ama e diventa una star. Tutto con una fretta che non è quella che vogliamo.

Però. Però. Però.

Però ti prende le budella, te le attorciglia alla prima nota di “Shallow” e te le srotola ad ogni minuto. Una sorta di montagna russa di sentimenti veloci ma pieni. Il buon (e bel) Bradley punta tutto sul denudare i suoi personaggi. Ci fa vedere una Lady Gaga che non è l’eccentrica regina del pop a cui siamo abituati, bensì è l’autentica Stefani Germanotta spogliata e struccata di tutti i suoi eccessi. Prende una star vera, la denuda di tutto quello che è “in più” e punta una luce sulla sua voce. E funziona, cazzo se funziona.
Non si perde nel melenso, anzi ci da una storia d’amore tenera ma ruvida. Ally e Jackson sono “sporchi” ma puri, senza speranze ma pieni di autenticità. È un film su un amore mortale, sulla disperazione di una star che nel declino supporta e innalza una star che sta nascendo. Un ciclo naturale, un cerchio che si chiude. È un film che ci ricorda quanto sia importante e fondamentale, soprattutto nel mondo dell’arte, aver qualcosa da dire. Non importa essere meravigliosi, importa la verità e il saperla dire con parole nostre. È un film che ci da una visione dell’amore senza lustrini e che fa emozionare.
E che si è meritato sicuramente l’oscar per la canzone originale “Shallow” perché è davvero una bomba. In quanto a Lady Gaga io rinnovo tutta la mia stima per essere una grande donna, una performer notevole, una cantante incredibile e anche una brava attrice, toh.

La musica è di fatto 12 note tra un’ottava e l’altra. 12 note e l’ottava si ripete. È un’unica storia raccontata continuamente, in eterno. Quello che un artista può offrire al mondo è il suo modo di vedere quelle 12 note, nient’altro”.

© Giulia Cristofori

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