crunch245 | Saccò

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Intervista a cura di Ombretta Blasucci
Immagini fotografiche di Marco Di Marcantonio

«The truth is rarely pure and never simple».
Oscar Wilde


Ciao Matteo e benvenuto tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua. Quando hai cominciato a disegnare e cosa ti ha spinto a farlo?
Ciao voi di CrunchEd e grazie per l’accoglienza! Beh, la risposta scontata e noiosa è che disegno fin da quando ero bambino ecc. [inserire i vari luoghi comuni del caso], ma in effetti è così. E credo che sia proprio una spinta naturale quella del disegno, un linguaggio “base” alla portata di tutti. Il vero problema è quando si smette di disegnare, secondo me.

Ti va di spiegarci cosa ti ha portato a scegliere questa citazione da illustrare?

L’aforisma mi ha colpito perché in meno di 10 parole Wilde mette insieme tre concetti enormi: verità, purezza e semplicità. E lo fa ponendoli in contraddizione tra loro, affermando che l’idea di verità non è così “semplice e candida” come si è soliti pensare. La verità è complessa, intricata, e non sempre ci si riesce a orientare facilmente, infatti il mio punto di vista a riguardo è più vicino alle cose della “natura”: radici sudice, terra, sassi, acqua. Dal mio punto di vista c’è più verità nel caos del brodo primordiale che in una bottiglia d’acqua frizzante fresca di frigorifero.



I soggetti più frequenti dei tuoi lavori sono destinazioni oniriche, luoghi ameni e ambienti tra il possibile e il surreale. Eppure sembrano reali e raggiungibili. Dove li hai visti prima di portarli su carta? Li ritrai dopo averli immaginati o li inventi simultaneamente al disegno?

Non so se sembrano reali e raggiungibili, ma credo che ciò dipenda dall’immaginario comune; mi riferisco a dipinti, affreschi, ma anche a scene tratte da libri, fumetti e a volte film. Da questo archivio comune ho “rubato” la sensibilità per le disposizioni spaziali, le composizioni. Mentre invece i soggetti veri e propri li “colleziono”, nel senso che quello che è un’Isola Sospesa spesso è un sasso che ho visto durante un’escursione, o una vena di una parete rocciosa o le scanalature di un calanco. Il camminare all’aria aperta (in campagna, o facendo trekking o anche in città) mi dà la possibilità di immergermi nell’osservare, nel vedere davvero. Poi la memoria, qualche fotografia strategica e un po’ di improvvisazione fanno il resto.


C’è un autore in particolare che ha illuminato o che ancora illumina le tue opere? In altre parole, c’è un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Quanto spazio abbiamo? Ogni volta che mi si fa questa domanda mi blocco perché in realtà non so dire con esattezza chi, come o perché un’opera o un autore mi ispira. Il lavoro nella comunicazione mi ha anche dato altri strumenti per prendere spunti e leggere il mondo. Nel mondo delle immagini spiccano su tutti (in ordine sparso) Spielberg, Moebius, Giger, Hocusai, Doré, Böcklin, Klinger, Doisneau, Groening, Mattotti, Savinio, Sant’Elia, Ghirri, R. Dean, Durer, Hitness e LRNZ.
Senza parlare di altri contemporanei (e non) che hanno lavorato più nel mondo della grafica.
Tra i maneggiatori di parole invece sono sicuramente rintracciabili Calvino, Borges, Manganelli, ma anche chi tratta di “saggistica” come Pastoureau o Berger.



Ti definisci art director, illustratore e apprendista comico. Come sono nati e come in seguito si sono combinati ed espressi questi tre profili artistici?
Dopo gli studi accademici ho provato a capire come incanalare le mie attitudini nel mondo del lavoro, lavorando e imparando in corso d’opera. Dopo qualche anno avevo accumulato conoscenze e know how per poter trasformare il mestiere di graphic designer in art director. Per fare questo ho messo “in pausa” la pratica quotidiana con il disegno. Quando un giorno, invece di un logo sul foglio, si sono palesati un sasso e una nuvola avevo capito che per l’illustratore era tornato il momento di svegliarsi dal letargo. Per far convivere al meglio l'illustratore e l'art director ho pensato di prendere le cose con leggerezza e raccontare con ironia il dietro le quinte del mio lavoro. E poi, se nel mentre si lavora si riesce a ridere non è male.



Domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
Semplice, io non lavoro se non ascolto qualcosa. Anzi, neanche faccio colazione se non c’è della musica in sottofondo.
Testi, musica e mood diventano un tutt’uno per ampliare o controllare stati d’animo o energie. Infatti uno degli ambiti nei quali preferisco lavorare di più in assoluto è la realizzazione di copertine e visual per album musicali.



Chiudiamo con un classicone e, intanto, ti ringraziamo per la disponibilità: progetti futuri? A cos’altro stai lavorando?
Da poco ho pubblicato nel mio portfolio un lavoro che mi ha dato diverse soddisfazioni: si tratta del primo album di Phase, un producer e Dj che con l’etichetta Metalheadz ha dato alle stampe un LP, Shore to Shore. In effetti è stato un lavoro dove illustrazione e direzione artistica hanno trovato un grande equilibrio con la musica.
Mentre tra i progetti futuri c’è la produzione di altre tavole sperimentando nuove soluzioni tecniche e magari la realizzazione di una serie di autoproduzioni. Ma penso anche allo studio di altri ambiti vicini all’illustrazione e al design, ad esempio mi piacerebbe tantissimo approfondire il motion design.

Vi ringrazio tantissimo per la vostra attenzione e per l’ospitalità, alla prossima allora! 


Grazie a te Matteo, noi continueremo a seguirti
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