#crunch33 | Ginevra Ballati

#crunch33 | Ginevra Ballati

God and other artists are always a little obscure. Oscar Wilde

Oggi  mordiamo l'arte di Ginevra Ballati, dal sapore acre e macabro come un'inquietudine che sopravvive al tempo e al corpo, stupendoci per la vita e il sublime nascosti nelle sue illustrazioni. Ginevra ha soddisfatto le nostre curiosità rispondendo a qualche domanda:

1. Ciao Ginevra e benvenuta tra i morsi quadrati! Noi di CrunchEd siamo molto affamati di nuove storie e ci piacerebbe conoscere la tua.
 Parlaci di te. Quando hai cominciato a prendere le matite in mano? Cosa ti ha spinto a farlo?

Ciao, vi ringrazio molto per l'ospitalità. Sono una di quelle persone che, come tutti,  iniziano a disegnare prestissimo, all'asilo o giù di lì, ma che poi non smettono di farlo. Non mi ricordo un periodo in cui non abbia disegnato, penso che faccia talmente parte del mio modo di abitare il mondo - di tradurre in un linguaggio che mi sono costruita nel tempo quello che mi arriva dall'ambiente e quello che abita dentro di me - che se venisse meno ne sarei modificata sostanzialmente come persona.
A prescindere dal valore delle cose che faccio, o dalla tecnica o dalle regole abbracciate ed eluse, disegnare è il mio modo di raccontarmi le cose, di spiegarmele e quindi di conoscere. È uno dei tanti strumenti possibili (bisturi, piuma, o bacchetta) con cui sondare il mondo, le cose che mi fanno star bene e, del pari, quelle che mi inquietano. Faccio un esempio: nei miei lavori ci sono tante parti anatomiche, denti, viscere, ossa, vene, cicatrici e organismi in decomposizione o in fase d'ibridazione - sempre di cambiamento si tratta - e ci sono non solo perché hanno forme e consistenze che mi incuriosiscono, ma anche perché trovo spaventosa l'idea che siamo fatti di carne immersa nel tempo, quindi tento di ragionarci sopra, rivoltando la questione e guardandola da vari punti di vista.
Anche per questo mi piace disegnare e dipingere sulle ossa. Non sono mossa da chissà quale fissazione per il macabro, o ancor meno dalla volontà di generare disgusto nell'ipotetico osservatore, ma perché l'osso è già ad uno stadio ulteriore sulla linea della sublimazione, ormai la carne è sparita, ci si avvicina al vuoto.
Questo è il lato, se si vuole, in ombra della faccenda. Poi ce n'è un altro, mai separato nettamente, in cui prendo e mi prendo in giro, canticchio, stendo le ali su chi mi è vicino, gioco, faccio esorcismi semiseri.
 
2. C’è un autore in particolare che ti ha illuminato? In altre parole, c’è un gruppo musicale, un artista, uno scrittore che ti stimola a mordere la vita?
Più che a mordere la vita, direi a tentare di digerirla. Di autrici e autori ne avrei una bella fila, sono luci intermittenti su una stringa lunghissima. Ne tiro in ballo qualcuno che mi viene in mente, senza distinzione tra letteratura, arti visive, musica etc. Max Ernst, Jules Verne, Sergej Prokofiev, Jill Barklem, Ernst Haeckel, Nick Cave and the Bad Seeds, George Orwell, Interpol, Eugenio Montale, Félicien Rops, Wes Anderson, Odilon Redon, Virginia Woolf, Das Ich, Francis Bacon, Gris Grimly, Devil Doll, Giorgio Caproni, Andrea del Sarto, Gustav Doré, Isidore Ducasse.
Divertente, peraltro, vedere certi nomi avvicinati dal caso. Non dimentichiamoci Bruno Schulz.
 
3. Dal tuo blog vediamo che la tua fantasia non ha limiti ma che predilige esprimersi attraverso le matite, la china, l’acquerello e tutto ciò che non prevede l’uso del computer. Scelta di cuore o esigenza comunicativa?
Nella maggioranza dei casi uso china, matita e acquerello combinati per una questione di equilibrio tra la mia linea, che è molto tagliente, e il colore che deve essere volatile, non troppo greve. L'acquerello è una tecnica che mi affascina perché prevede un lavoro in negativo: praticamente il bianco più luminoso che si possa ottenere è quello della carta non colorata, ogni strato di colore che si stende va a modulare quella luce massima attraverso trasparenze che formano mezze luci, penombre e ombre.
La carta macchiata dal colore si spegne permanentemente, inoltre dopo un certo numero di passaggi è molto difficile ritoccare una parte colorata senza rovinare lo strato di  pigmento sottostante e questo fa sì che il margine di errore sia esiguo. È questa sintesi tra azzardo e prudenza che trovo interessante, sintesi che sicuramente è presente anche nelle altre tecniche ma che qui è estremamente evidente.
Il digitale l'ho provato ma non mi dà la stessa soddisfazione dell'”analogico”: per me usare le mani e sentire i materiali è terapeutico, oltre al fondo di edonismo schietto che si porta dietro. Mi limito ad usare i programmi di grafica per rendere le immagini fruibili su internet, ma a quel punto la fase creativa è solitamente già conclusa.
 
4. Dove altro possiamo trovare i tuoi lavori?  Che progetti ci nascondi?
Qualche lavoro lo si può trovare in vendita su Art Flakes, sono stampe di alta qualità su vari materiali. Ho da non molto una pagina Facebook, ma mi mette a disagio e la frequento poco, non per snobismo ma per incompatibilità.
L'angolino tranquillo dove mi trovo a mio agio rimane il blog, Ossa Cave. E pazienza se la visibilità non è delle migliori, confido negli Audaci Scalatori.
Di progetti non ne nascondo, sono loro che sono schivi, anche con me. Per la verità è tutto molto fluido, cerco di pianificare il meno possibile perché mi sono resa conto che programmare e decidere a priori vizia il risultato dei miei lavori. Di frequente le cose fatte su commissione mi soddisfano meno di quelle “spontanee”. Quindi ho accettato la situazione e ho lasciato perdere il glorioso spirito progettuale, preferisco fantasmi meno blasonati, e i fuochi fatui.
 
5. Ora una domanda irrinunciabile per il palato di CrunchEd: qual è il tuo rapporto con la musica e quali vie sceglie per farsi strada fino ai tuoi disegni?
Il mio rapporto con la musica è stretto. In generale, come camminare o andare in treno, tende a mettermi in moto pensiero e immaginazione, cosa che non sorprende se si pensa a quanto la musica sia legata al movimento, alla progressione.
Certe immagini che ricorrono nelle mie tavole sono indubbiamente suggestionate dalla musica anche perché la ascolto specialmente quando arrivo al momento di stendere il colore sulla carta: seguendo il suono riesco a tagliar fuori meglio la mia parte iper razionale che vorrebbe controllare ogni singolo movimento della mano, e così creare disastri irrecuperabili, e a dare spazio alla parte più istintiva che per muoversi fluidamente attinge alle conoscenze sedimentate negli anni. È realmente difficile da spiegare, ma è come se la musica mi aiutasse a far affiorare quell'insieme di automatismi utili che funzionano solo se non si pensi. Forse è un po’ come per chi spara (paragone infelice ma efficace), non è che sta lì a pensare “oh, ora sparo eh! Mettiamo le mani  e le gambe così”, spara e basta e i movimenti necessari e gli aggiustamenti vengono da sé.

6. Progetti futuri? A cosa stai lavorando e cosa ti piacerebbe fare?
Attualmente sto lavorando ad una tavola che si fregerà (indegnamente) dell'emistichio che chiude un "Holy Sonnet” di John Donne (il decimo, quello che parla della Morte che muore). Penso che poi passerò ad una serie su una filastrocca inglese incredibile: “Sing a Song of Sixpence” e ad inchiostrare il Quarto Cadavere Disegnato. Nel 2017 dovrebbe essere pubblicato un mazzo di Carte Oracolo ideato da Francesca Matteoni ed illustrato da me. È una cosa stranissima di cui sono veramente curiosa. Per il resto fiuto il vento.

Grazie mille, Ginevra! A presto!

Puoi seguire Ginevra su:
Blogspot: Ossa Cave
Art Flakes: Ginevra Ballati
 
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