Troppi no e un sì | Racconti Indigeribili

Troppi no e un sì | Racconti Indigeribili

Scritto da Sabrina Gatti
Illustrato da Angelica Bettoni


Troppi no e un sì

Il braccio arriva fino in fondo allo scaffale in un perfetto fist fucking capitalista.
Da tre anni riempire scaffali è il suo lavoro, l’unico che abbia trovato; lo porta avanti con la disciplina dubbiosa di chi traballa nel mondo. Caviglie fragili.
Grazie a gente come Norma vedete sempre le corsie gonfie di roba, perché di notte lavora per farle tornare giovani, chirurgia estetica senza anestesia.
Vasetti di cetrioli, scatolette di sgombro, merendine della nonna, cartoni di polvere sbiancante, fegato di maiale e cervello di vitello in salamoia.
«Facciamo tornare belli questi scaffali!». Urla il ragazzo con una disabilità intellettiva che lo fa assomigliare a un bambino troppo grande o a un grande troppo scemo. Norma sorride mentre immagina di infilargli in bocca due confezioni di biscotti come in un rituale feticistico di asfissia.
Lei preferisce i pacchi di merendine, morbidi al tatto e con un rumore tutto loro, sono leggeri e non ti spaccano la schiena come i detersivi o l’acqua. Odia il peso delle bottiglie d’acqua, sottolineano la mortalità del corpo, ma le sposta lo stesso immaginando che siano cadaveri a cui dare giusta sepoltura.
Norma impara velocemente, potrebbe indossare un camice, eseguire una tonsillectomia dopo averla vista su YouTube e poi uscire a prendersi un panino. Qualcosa di fritto e qualcosa di acido.
Negli anni aveva proposto le sue idee a molti finanziatori, il finale era un eterno déjà-vu: una pacca sulla spalla per poi aggiungere «Sarà per il prossimo anno (sfigata di merda)!».
Pacca sulla spalla = emoji pollice alzato = non me ne frega un cazzo sotteso al silenzio.
In questi casi, si chiede se un pompino migliorerebbe la situazione. Ma nessuno le ha mai chiesto orgasmi.
Norma è abbastanza realista per sapere che le cose possono solo peggiorare. Succede sempre, è una questione di variabili. Una mattina si sveglia e sente il sudore dietro il collo e decide che non sarà mai una professionista della vita.
Norma suda invece di piangere, anche quando vorrebbe mostrare al mondo la sua tristezza, con il pianto le escono le lacrime dalla pelle. Nessuno ha mai capito quanto oscuro fosse il suo sentire, un buco nero scambiato per sovrappeso.
Norma è pigra rispetto anche rispetto al suicidio, preferisce aspettare che una tegola le finisca in testa o che il colesterolo intasi tutto. Esce a mezzanotte e torna alle sei immaginando di soffocare il ragazzo motivatorestupido.
Norma zoppica in una realtà che pretende almeno una corsetta veloce.
A volte le sembra di essere una carta sottile, una carta che si vede ma che non si prende in considerazione, come uno scontrino che finisce sotto il sedile di un’auto.
Ti amo ma ho già una fidanzata
Sei brava ma no
Sei intelligente ma no
Sei bella ma no
Sei affidabile ma no
Ti ho messa su questo pianeta ma ora sono cazzi tuoi
Sono tre settimane che Norma sposta l’acqua e l’acqua le fa sentire il peso delle emozioni e quando l’acqua cade le emozioni esplodono.
BOOM!
Ogni bottiglia corrisponde a un no che si è sentita dire, ogni bottiglia corrisponde a una delusione e ogni cazzo di goccia alla rabbia che accumula da anni, con la grazia di chi ha in sé l’immaginazione di mille capolavori.
Finisce di riempire gli scaffali, prende la sua auto e se ne va a casa. Quanta gente potrebbe uccidere in un solo colpo? Di certo non può noleggiare un aereo per infilarsi in un grattacielo, potrebbe noleggiare un fucile, entrare da qualche parte all’ora di punta e usare le persone come scimmie rabbiose da abbattere, potrebbe lanciarsi con l’auto sulla folla che passeggia ogni sera in centro ma poi dovrebbe parlare con poliziotti e, che dio glielo scampi, psicologi. Non vuole parlare con loro. Piuttosto si taglierebbe la lingua con un trinciapollo. ZAC.
Norma si mette a letto e finalmente sente il calore di coperte che l’hanno data per persa, sente il piacere di avere un corpo e ride dei suoi pensieri e del trinciapollo; è un attrezzo violento con un nome buffo.  È tempo di mettere la pigrizia da parte, di vedere se nella prossima vita qualche sì ci sarà.
Mangia patatine mentre gratta un gratta e vinci. Cinque euro spesi, cinque euro vinti.
Prendere in mano la situazione, fottere le variabili e uscire di scena con un atto consapevole.
Le patatine sul pavimento assieme a tazze incrostate di abbandono e qualche libro mai iniziato. «Non iniziare qualcosa che sai non finirai», diceva suo padre come un moderno guru di vita. Quelli che scrivono frasi a effetto sui social, gente dall’ego di un evangelista, o di un rapper, una serie di parole che se le smonti non ti rimane altro che il vuoto cosmico, una grande spazio di niente con un po’ di lettere che galleggiano.
È indecisa se indossare un vestito a fiori o una camicia bianca con i jeans blu, cosa sta meglio nel sacco nero in cui l’avrebbero infilata? Lo avrebbe chiesto a ChatGPT. Ma le AI non amano parlare di atti violenti. Codarde.
Vorrebbe che il mondo intero assistesse alla sua dipartita, che per una volta funzionasse, come gli sbiancanti per la lavatrice.
Ma chi cazzo li compra gli sbiancanti?
Eppure lasciano sempre un buco sullo scaffale da riempire.
Niente più pacche sulle spalle, niente sorrisi economici costruiti da qualche dentista albanese.
Norma, 36 anni, scaffalatrice.


© Racconto di Sabrina Gatti | Illustrazione di Angelica Bettoni | Editing di Chiara Bianchi


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