Caduta libera | Racconti Indigeribili

Caduta libera | Racconti Indigeribili

Scritto da Gabriele Colombo
Illustrato da Marcella Cilona


Caduta libera

La brezza sul viso. La luna splende. Quanto sarà? Una dozzina di metri più o meno. Basterà schivare i cespugli. Arrivare dritto sull’asfalto. Non devo atterrare di piedi, rischio solo di accorciarmi mezza gamba. Brutta cosa ritrovarsi le ginocchia in gola. Col tuffo di testa ci sarebbe una bella esplosione di cervella. Nessun bisogno di correre in ospedale.

“Era un così bravo ragazzo”. “Salutava sempre”. “Era sempre sorridente”. “Nessuno se lo sarebbe mai aspettato”.

Bah. Tanto non lo faccio. Però mi piace sentire quel brivido tra i testicoli quando guardo nel vuoto. Una strizzata elettrica tra le chiappe.
Domani ritirano la spazzatura.
Vaschetta di pollo monoporzione. Piegare e buttare. Sacchetto d’insalata già lavata e pronta all’uso. Appallottolare e buttare. Bottiglia di Cola marca discount. Schiacciare e buttare. Detersivi. Patatine. Merendine. Comprimere. Prendere i lembi del sacco. Comprimere. Annodare i lembi. Comprimere. Fare il doppio nodo. Comprimere. Il sacco di plastica pronto da portare giù per essere prelevato, schiacciato, triturato e sotterrato da qualche parte che non dia fastidio. Se ne occuperanno le generazioni future.
Metto il sacco in spalla. Sembra chiuso bene. Stabile.
Infilo ai piedi le infradito. Sbircio dallo spioncino che non ci sia nessuno.
Tendo l’orecchio.
Silenzio.
Apro la porta.
Via come il vento sulla prima rampa di scale. Salto l’ultimo gradino.
Accelero e la seconda rampa scorre veloce. Salto gli ultimi tre gradini facendo leva sulla ringhiera.
Ultima rampa.
Mi stacco da terra.
Vedo il marmo passare sotto di me.
Uno. Due. Tre. Quattro. Cinque gradini.
Atterro in velocità sul pianerottolo dell’ingresso. Sento l’infradito che slitta e il laccetto che si spacca. Il piede perde aderenza, s’inchioda sul pavimento. Volo in avanti e SBAM! Mi stampo sul portoncino blindato.
Lascio la faccia sul doppio vetro. 

Cazzo porca troia vaffanculo porca merda e ancora cazzo!
Breve controllo delle parti coinvolte.
Sangue dal labbro. Probabile distorsione alla caviglia. Ammaccature varie. Abrasioni varie.
Almeno il sacco è intatto.
Recupero la ciabatta mezza rotta e l’infilo come posso. Apro il portone. Esco. Appoggio il portone in modo che non scatti la serratura, perché la chiave si blocca sempre e è un casino riaprirlo, e devo poter rientrare velocemente in caso di pericolo.
Sono in strada.
La brezza sul viso.
La luna splende.
Ok respiro.
Ora non resta che arrivare all’angolo in fondo alla strada, abbandonare il sacco insieme a quelli dei vicini e tornare dritto in casa. Farmi un bel drink. Un Margarita magari. E affondare nel divano. 

Cammino. La ciabatta striscia sull’asfalto a cadenza regolare. La caviglia fa male. Inizia a gonfiarsi. Sento il cuore pulsarmi nelle orecchie. Non ci voleva. Devo stare più allerta del solito. La testa rimane dritta. Gli occhi girano a destra e sinistra in cerca di ombre.
L’aria cambia direzione, arriva dalle spalle. Un odore acre mi punge le narici. Mi fa saltare un respiro dal petto. Il mio corpo è in allarme. La pelle d’oca mi sale per la schiena.
Devo rimanere freddo.
Uno scatto metallico, dietro di me, mi fa serrare i denti. È ancora lontano, ma non posso correre con questa caviglia.
Non deve sapere che me ne sono accorto. Deve credere di essere in vantaggio. Intanto mi preparo. L’ombra sotto di me si allunga. Tendo i muscoli. Stringo il sacco della spazzatura, la mia unica arma. Punto il piede, mi giro di scatto e Swish!

Un bel colpo a vuoto. Il sacco mi trascina in un altro mezzo giro e quasi cado.
Nessuno in strada.
La brezza sul viso.
La luna splende.
Ok respiro.
Il fascio di luce del lampione illumina la montagna di sacchi. È il mio Sancta Sanctorum. Devo depositare la mia offerta. Tornarmene a casa.
Cammino. Trascino il piede. Ascolto.
Le nuvole passano davanti alla luna. La brezza si ferma. Ancora pochi metri. 

CRA!

Una voce dietro di me. Accelero il passo. 

CRA!

Un vetro incrinato. Una lastra che si crepa. Ancora pochi metri.

CRA!

Una voce penetra nella schiena e rigira le budella e sale su per la gola. Mi culla e mi attrae e mi tira. Vorrei fuggire, ma è come correre in una clessidra. La sabbia mi risucchia. I sacchi sono là. Mi basta qualche metro. Metto tutta la forza che ho. Arrivo e lancio il sacco in cima alla montagna.
Missione compiuta. Passo veloce. La ciabatta striscia. Un fruscìo alle mie spalle. Mi blocco. Mi giro. Niente. Un battito d’ali. Accelero. Arrivo al portoncino. Cazzo si è chiuso. Infilo le chiavi nella toppa. Cazzo si blocca sempre. Mi trema la mano. Le chiavi cadono a terra.
Mi blocco.
Teso.
In ascolto.
Nulla.
Mi abbasso a raccogliere le chiavi. 

CRAAAAA!!!!

Un cazzo di ammasso nero mi arriva addosso! Tiro pugni all’aria. Mi becca e mi artiglia. Provo a difendermi. La pelle si lacera. Raccolgo le chiavi. La porta si apre. Ancora qualche pugno a vuoto e chiudo. Corro su per le scale. Le ciabatte sono perse.
Mi guardo le ferite sulle braccia.
Arranco al bagno.
Acqua ossigenata.
Mi gira la testa.
Devo vomitare.
Mi aggrappo alla tazza del cesso.
Buio. 

«Buio fino a stamattina. Mi sono svegliato a cavalcioni del parapetto. Cosa m’è successo Dottore? Che cazzo devo fare? È tutto il giorno che giro per casa a controllare che le finestre siano chiuse. Sono spaventato a morte. Non credo che dormirò».

«Renato, lo sai che non mi devi chiamare se non è un’emergenza vera» mi dice. «Come sta papà? È sempre al mare? Beato lui, eh ma se lo merita…Non hai interrotto il Lexotan, vero? Prendine uno e mettiti a letto. Saluta papà. Ciao ciao ciao…»
Non prendo più quella robaccia. Mi fonde il cervello. E mi ammoscia. È come vivere il mondo esterno solo attraverso internet e televisione: vedi un sacco di sesso che non puoi fare. Non riesco neanche a tirarmi una sega. Un poveraccio chiuso in casa tutto il giorno avrà il sacrosanto diritto di masturbarsi! 
Devo rilassarmi.
Voglio un Fernet. Prendo la bottiglia dall’armadietto sopra il televisore. Sprofondo nel divano.
L’alcol asciuga le labbra. Scalda il petto.
Ok respiro. 

Che succede?
Qualcosa non va.
Molto caldo. Troppo caldo. Oh, cazzo sento fuoco nelle budella!  Mille aghi escono da sotto la pelle! Sento le fiamme! La carne brucia! Mi tremano le mani. Cade il bicchiere.
Le mani si squarciano! Le dita si allungano! Le unghie stanno marcendo! Le dita sono nere e s’allungano! I denti! I denti mi cadono dalla bocca! La mascella s’allunga fuori dalla testa! I piedi! Dei cazzo d’artigli mi spuntano dai piedi!
Apro la finestra e sento la brezza e guardo la luna e brucio! Guardo giù. Saranno dodici metri e che cazzo e prendo la rincorsa e salto. 

Sento il vento tra le piume.
Apro gli occhi.
La luna splende e l’asfalto corre sotto di me. 

Sento l’odore dell’erba tagliata. La puzza di escrementi di topo. Il fritto del kebabbaro in piazza.
Prendo una corrente calda. Vado su. Un piccione si nasconde sotto le tegole. Un ubriaco piscia sul muro. Due bambini litigano per una macchinina nel salotto di casa. 

E vado verso la luna.

Un cane da caccia abbaia. Guarda verso di me. Tiro fuori gli artigli. Respiro. Chiudo le ali e scendo in picchiata. In un istante gli sono sopra.
Glieli pianto nel collo. Comincia a latrare. Le luci della casa si accendono. Non me ne curo. Infilo il becco nella pancia calda. Ci affondo la testa. Strappo. Lacero. Ingoio. Morbida carne. BANG!
L’esplosione mi fa alzare la testa. Il vecchio in veranda ha sparato un colpo in aria. Ha un fottuto cannone a mano.
Mi guarda terrorizzato.
Trema.
Deve ricaricare.
M’alzo in volo e scendo in picchiata.
È svelto il vecchio, e ha buona mira.
Ricarica.
Punta.
Esplode il colpo.
Mi centra in piena fronte. Mi spappolo in una spruzzata d’arcobaleno.
Sono leggero.
Volo.
Respiro. 

 © illustrazione di Marcella Cilona | Racconto di Gabriele Colombo| Editing di Chiara Bianchi 


Signor Eli | Racconto | Indigeribili


Ti è piaciuto questo racconto indigeribile? Dacci una mano! Il tuo aiuto ci consente di mantenere le spese di questa piattaforma e continuare a diffondere l'arte.
L'associazione si sostiene senza pubblicità ma soltanto con le tessere associative e l'impegno dei soci.
I Link verso i canali di vendita sono inseriti al solo scopo di agevolare gli utenti all'acquisto.
Sottoscrivi la tessera associativa con una piccola donazione su PAYPAL
Oppure puoi offrirci un caffè.

 

Privacy Policy