Vado al bar | Racconti Indigeribili

Vado al bar | Racconti Indigeribili

Illustrato da Anna Claudia Dionne 
Scritto da Luana Troncanetti


Vado al bar
«Li ho incontrati poco fa nel corridoio. Erano cinque, un attimo dopo tre. Forse due. Ho perso il conto».
«Come mai?»
«Stanchezza?»
«Da quanto tempo siamo qui?»
«Cinque giorni e undici ore. Sui minuti non sono certo. E comunque me lo hai già chiesto. Ma cos’è questa puzza?»
«Mia moglie non può portarmi il cambio. Impossibilitata, sai com’è… Puzzi anche tu. Caffè, lo vuoi?»
«Quello schifoso della macchinetta? Bevitelo tu».
«Io non mi sposto da qui, tocca a te andare al bar stavolta».
«Ti sbagli».
«Invece no».
«Non sai contare».
«Insegno matematica, questo lo sai. Chiedilo ai miei alunni, se sono bravo».
«Mentono, sennò li bocci».
«Sei un calcio sui coglioni, sai?»
«Sono disperato, prof».
«Dimmi qualcosa che non so».
«Forse erano due, adesso che ci penso».
«Cosa cambia?»
«Quelli coraggiosi restano per rispondere alle domande. Soltanto un dottore ha risposto. Grossomodo».
«Ha avuto cura di te, almeno?»
«Da otto anni devo stare in posti di merda come questo, praticamente da quasi tutta la vita di mio figlio».
«Allora? Ha avuto cura o no?»
«Sì, ma è rimasto sul vago. Nella maggioranza dei casi qui siamo numeri, come quelli che insegni tu».
«La pietà si smarrisce nell’infinito della matematica».
«Insegni filosofia o le tabelline?»
«Equazioni esponenziali e logaritmi allo scientifico. Le tabelline sono robetta che capirebbe persino tuo figlio».
«Claudio è discalculico, mica scemo».
«Sono un stronzo».
«Sei sconvolto, lo capisco».
«Otto anni… Ma con il lavoro come fai?»
«Architetto, anche se l’ho progettato davvero male ‘sto figlio. Libero professionista, ha i suoi vantaggi: puoi permetterti il lusso di puzzare accanto a uno sconosciuto».
«Già… La madre?»
«Non ce l’ha».
«Mi dispiace».
«Succede. Claudio è solo mio».
«Dispiace».
«L’hai già detto. Ci vai o no al bar? Muoio dalla voglia di un caffè».
«Io non mi sposto da qui finché non faccio una cosa».
«Cosa?»
«Decidere per mia moglie».
«Dimmi come l’hai conosciuta».
«Cosa te ne importa?»
«Abbiamo bisogno di bellezza, magari è una storia tenera».
«Perché non ti fanno entrare da tuo figlio?»
«Terapia immunosoppressiva, isolamento totale. Come l’hai conosciuta tua moglie?»
«Me l’hai già chiesto, sei ossessivo».
«E tu mi chiedi sempre da quanto tempo siamo qui».
«Una vita, non sembra anche a te?»
«Mi dispiace per lei, è giovane».
«Mi dispiace per lui, è piccolo…guarda, stanno tornando».
«Chi?»
«I camici, li vedi? Contali. Quanti sono?»
«Tre».
«Sicuro?»
«Due, adesso».
«Chiediglielo a testa alta, se è davvero arrivato il fegato. Non abbassare lo sguardo altrimenti prendono tempo».
«Certo che è arrivato!»
«Guardali. C’è qualcosa che non va».
«Ma cosa stai dicendo?»
«L’ho conosciuta al mare, uno scontro tra le nostre biciclette. Due giorni fa uno di loro me l’ha detto, finalmente. Devo decidere se staccarla o lasciarla vegetare. Io non ce l’ho più una moglie. Si avvicinano. Ora fai quello che devi e non abbassare mai gli occhi, sennò ti lasciano nel dubbio. E io devo decidere, non mi sposto da qui finché non ci parli».
«Non capisco».
«Cinque giorni e undici ore, quasi dodici, che siamo qui. Cosa ti hanno detto ieri?»
«Che avrebbero operato Claudio stamattina alle sette».
«Sono in ritardo di un’ora, perché?»
«Non lo so».
«Bloccali. Fagli la domanda».
«Quale domanda?»
«Il fegato. Fatti dire subito se ce l’hanno oppure no».
«Ho paura».
«Elena era sanissima, la merda che l’ha investita con il SUV me l’ha fatta a pezzi. Di lei non mi resta che questa collanina».
«AIDO».
«Lo sai cosa significa? Chiedi dov’è il fegato di ricambio per tuo figlio. Se prendono tempo, urla».
«Ma…»
«Diglielo tu che possono prendersi un pezzo di mia moglie. Io non ce la faccio».
«Puzzi, maledetto a te».
«Anche tu».
«Vaffanculo, professore».
«A fare in culo non ci vado».
«Mille volte devi andarci, invece. Sarò sempre in debito con te, andasse bene. Creperò di felicità. E dopo, a Claudio chi ci pensa?»
«Alza le chiappe e digli che autorizzo tutto. Forse sono compatibili».
«Io non so come… vaffanculo, grazie!»
«Vado al bar, invece. Ti porto il caffè. Non so contare, hai ragione tu: toccava a me, stavolta». 

Anna Claudia Dionne © illustrazione di Anna Claudia Dionne | Racconto di Luana Troncanetti | Editing di Chiara Bianchi 


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