Burhan Sönmez | Pietra e Ombra

Burhan Sönmez | Pietra e Ombra

Burhan Sönmez | Pietra e Ombra

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Un libro per chi vuole un primo assaggio della complessità di una terra – la Turchia – che ha fatto dell’incontro e dello scontro culturale la sua identità e bellezza.
Ce ne parla Maria Teresa Renzi-Sepe

Pietra e Ombra, edito in Italia nel 2022 da Nottetempo, è un romanzo che unisce passato e presente tramite la storia di Avdo, uno scultore di tombe di un piccolo cimitero di Istanbul. Il libro somiglia a un arazzo in cui l’autore, Burhan Sönmez, ha intessuto la storia di tre generazioni in un arco cronologico che va dal 1939 al 2002, poco più di ottant’anni in cui è successo veramente di tutto in Turchia dal punto di vista geopolitico. Ma Sönmez fa un ulteriore salto indietro, collegando il tempo della narrazione a quella fertile mescolanza di culture e lingue che è all’origine della Turchia odierna, fino a tendere una mano al mito.

La storia politica – dalla Seconda guerra mondiale fino a Erdoğan – e quella personale – la poetica e struggente storia di Avdo e dei suoi cari – sono vegliate da un dio muto che non si palesa mai, in torto verso i suoi figli terrestri. In questo intreccio di storie si fondono vita, morte e rinascita – come nella mitologia classica – poste in essere dai nomi propri – come nella mitologia semitica. Esatto, i nomi: Shakespeare ci ha detto che una rosa profumerebbe di buono anche se avesse un altro nome; Sönmez, seguendo un filone culturale antichissimo che scende fino alla cosmogonia assiro-babilonese Enūma eliš, “Quando in alto”, ci ricorda che esistiamo solo quando scegliamo (o qualcuno sceglie per noi) il nostro nome. E quel nome darà vita a molte identità, tante quanti sono i volti di chi ci incrocia nel cammino. Non a caso, Sönmez inserisce un fil rouge che attraversa tutto il romanzo, il mistero “dell’uomo dai sette nomi”: un uomo dall’identità multiforme che commissiona ad Avdo una tomba speciale. 

Avrete capito che Pietra e Ombra è un romanzo generazionale ma trasversale, che dà grande importanza alla storia e alla lingua. Nicola Verderame, che lo ha tradotto dal turco e che attualmente è finalista del “Premio Annibal Caro” alla traduzione, restituisce un linguaggio evocativo e solenne. La struttura del libro è quasi cinematografica, composta da tanti brevi capitoli, di un paio di pagine, appartenenti a linee narrative e cronologiche diverse e che si susseguono veloci: prima vediamo un paesino dell’entroterra turco fatto di greggi e mandorli, poi la scena musicale underground di Beyoğlu negli anni ’70 e poi ancora le rivolte universitarie represse con la violenza dopo il colpo di stato a Istanbul negli anni ’80. Il ritmo che Burhan Sönmez adotta ci suggerisce l’idea che, come Avdo modella il marmo delle tombe a colpi di scalpello, così gli eventi ci trasformano, ci plasmano. L’unico punto fermo di Avdo – che poi è quello di tutti noi – è l’amore: quello per una madre, una donna, una figlia, un cane, o per il proprio mestiere. 

Questo libro è consigliato a chi ha voglia di un primo assaggio della complessità di una terra – la Turchia – che ha fatto dell’incontro e dello scontro di tante identità culturali la sua identità e bellezza. Con la speranza che, dopo il terremoto che l’ha colpita un mese fa, si trasformi più bella di prima.

«Non lo sa? Quattromila anni fa gli Accadi l’avrebbero chiamata Meșkal, gli Aramei Șikla, gli Ebrei Șekel. I Siriaci l’hanno glorificata come Siklos, gli Armeni come Mispal. Tutti i popoli e tutte le religioni si sono appropriati del suo nome, ne hanno tratto forza. Lei è Miskal, quella che raccoglie insieme tutte le storie di orizzonti diversi, fondendo geografie e storie lontane tra loro. Se non fosse per lei, nessuna epoca avrebbe più alcun senso.»


Data di pubblicazione: 28-10-2022
Pagine: 368
Formato libro: 14 x 20
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