Giuliana Zeppegno | La luce che pioveva

Giuliana Zeppegno | La luce che pioveva
Giuliana Zeppegno – La luce che pioveva
Tra le luci e le ombre della memoria, i ricordi ricostruiscono una storia personale che diventa storia di una generazione intera.

di Chiara Bianchi

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Cos’è la memoria? Probabilmente la risposta più semplice, per quanto incompleta, è da intendersi come capacità di tenere traccia di informazioni ed eventi relativi al vissuto e di rievocarli nel tempo. Non è ancora del tutto chiaro alla scienza dove abbiano sede le memorie nel nostro cervello. Si pensa che il mistero dei ricordi risieda nella nostra corteccia cerebrale, dislocati qua e là, i ricordi vengono custoditi nel tempo. La rievocazione degli stessi mantiene viva la memoria, ma essa richiede esercizio continuo, per non rischiare l’oblio. E nonostante il nostro continuo sforzo di non separarci dal passato, tenendo stretti i ricordi delle nostre vite vissute, andiamo incontro a una inevitabile frammentarietà.

Giuliana Zeppegno, al suo esordio narrativo con La luce che pioveva, uscito con L’orma editore, per la collana I Trabucchi che «getta le reti nelle acque della letteratura italiana per raccogliere voci e storie che catturino il mondo con sguardo mobile e nessuna passione spenta» – con queste parole viene presentata dall’editore – prende i frammentati ricordi della vita di sua madre e per brevi capitoli avanza tra le luci e le ombre della memoria.

Due sono gli aspetti particolari di questo romanzo che definire ibrido non mi sembra una forzatura – poiché ogni capitolo è un breve racconto della vita di una donna: la scelta della seconda persona, questo “tu” rivolto alla madre dal quale esplode l’amore in un abbraccio che è cura, non solo fisica, dell’altra, che si svela tramite i ricordi, e il linguaggio semplice, accogliente, con incursioni dialettali che ne alzano la potenza poetica.

«In inverno vi svegliavate a volte che era tutto bianco. Dietro i ghirigori gelati sui vetri – ramagi li chiamate – il cortile, la peschiera, l’aia erano spariti. Al loro posto, un mondo liscio di valli, radure e montagnole, con la luce dell’alba imprigionata dentro».

«Ho voluto scrivere le cose che mi hai detto»
inizia così la premessa al romanzo. Ciò che è stato vissuto, trattenuto e conservato si trasforma, nel corso della narrazione, da memoria privata a storia di una generazione di donne nate negli anni Cinquanta del Novecento.
Attraverso il cambiamento prodotto da grandi trasformazioni dell’epoca, questa donna passa da un’esistenza semplice in campagna dove manca tutto ciò a cui oggi non facciamo neppure caso – come il bagno o il riscaldamento – in cui l’ombra del patriarcato e la pressione della Chiesa lasciano alle donne uno spazio minimo di libertà sulle scelte personali, all’arrivo del nuovo mondo, quello della città che avanza e verso cui si è sospinti. Generazione cresciuta con una forza motrice accelerativa, proiettata al futuro, inconsapevole e impreparata, la quale conserva la bellezza negli occhi di quell’infanzia perduta, difficile ma indimenticabile.

«Ora, ricordando la luce gialla che pioveva dal soffitto, le cartellina con sopra i chicchi di granoturco, i numeri scanditi dalla voce di tuo padre e il cestino dei premi con le arachidi e le nocciole, pensi che quelli, al riparo dalla furia e dalla fatica dei giorni, erano momenti felici».

Quasi come in un sogno, avanziamo nello spazio della memoria e osserviamo la bambina divenire donna, madre, moglie. Le fatiche della vita modificano le impercettibili aspettative, la speranza di essere veramente libera di affievolisce ma non scompare. Determinata eppure fragile, non si arrende neppure di fronte alla nebbia fitta fitta che non permette di vedere nulla, capace di farci percepire per immagini l’eterna solitudine dell’essere vivi, a volte impreparati, ad affrontare la paura.
I ricordi della vita con Giorgio e i figli rappresentano il nodo centrale, la definitiva accettazione di restare sempre un po’ fuori dal coro, osservatrice del mondo, fino a una presa di coscienza che mette tutto in discussione passato, presente e futuro. Consapevole di aver perso tanto ma di aver ricevuto tanto.

«Avevi difeso tuo marito come si difende un animale ferito. Soprattutto, mi dici, avevo difeso una verità che andava molto oltre mio marito».

La memoria, così, diventa strumento di protezione dall’oblio e preserva il segreto di un sacrificio a cui possiamo dare il nome di accettazione. La grandezza delle donne.




Giuliana Zeppegno
La luce che pioveva

Brossura con alette
febbraio 2022
168 pagine € 18,00 € 17,10
isbn 9788831312912

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